Napoli, il clan Mazzarella pronto a scatenare una guerra da Forcella: «Siamo come Diabolik»

Clan Mazzarella, gli arresti hanno evitato la faida con l’Alleanza di Secondigliano

Maxi blitz a Forcella
Maxi blitz a Forcella
di Leandro Del Gaudio
Sabato 10 Dicembre 2022, 23:58 - Ultimo agg. 12 Dicembre, 08:34
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Esaltati e pronti a tutto. Si sentivano invincibili come “Diabolik”, per nulla timorosi di scatenare una guerra a Napoli, di riportarla a un passato buio come quello di quarant’anni fa. Volevano colpire per primi, erano pronti ad anticipare il proprio nemico storico. Ed erano pronti a scatenare una faida, a rompere venti anni di tregua con quelli dell’Alleanza di Secondigliano. Eccoli i piani di Salvatore Barile, Michele Mazzarella e Ciro Mazzarella, secondo quanto emerge dalle indagini condotte dalla Dda di Napoli, alla base del fermo che è stato convalidato ieri mattina dal gip Luca Rossetti. 

Ci sono tre intercettazioni ambientali che raccontano il caos calmo degli ultimi mesi a Napoli, a partire dalla possibilità della scarcerazione di Patrizio Bosti, socio e cognato di Eduardo Contini, da sempre al vertice della Alleanza di Secondigliano. Secondo le intercettazioni ambientali, Salvatore Barile si dice convinto di essere finito al centro di una trama vendicativa che sarebbe riconducibile a Patrizio Bosti. E spiega ai suoi soci, ovviamente senza sapere di essere intercettato: «Mi hanno mandato a chiamare. Non usando gli stessi canali, quelli di Carmine… ma mi hanno dato un appuntamento fuori al gommista, all’interno del Borgo di Sant’Antonio (zona storicamente riconducibile ai Bosti-Contini)». Per Barile e per i suoi affiliati e parenti non ci sono dubbi. È il segnale che la tregua ventennale (venne siglata nel 2002) si era rotta. Dice Barile: «Vuole uccidermi, sono venti anni che vuole uccidermi». È il momento di esaltazione, in cui Barile - rivolgendosi proprio a quelli dell’Alleanza di Secondigliano, si dice pronto a «fargli assaggiare il morto in famiglia», a proposito della sua determinazione a consumare un agguato a parenti stretti dei boss. 

Uno scenario di possibile scontro frontale sul quale hanno lavorato i carabinieri del reparto operativo dei carabinieri agli ordini del colonnello Cristian Angelillo, nel corso di una stagione investigativa che ha consentito - in due mosse - di arrestare almeno una trentina di presunti esponenti del clan Mazzarella (in sinergia con gli uomini della Squadra mobile). 

Ma torniamo alle ambientali che hanno fatto scattare il fermo, torniamo alla storia della possibile rottura tra i due blocchi di potere.

Dopo la storia dell’appuntamento saltato, è ancora Barile a insistere su un punto: «Non funziona così, se ci uccidete che stiamo in guerra, vuol dire che siete stati bravi, se ci uccidete che siamo compagni… non funziona così». 

Ed è grazie a queste intercettazioni, che ora la Dda di Napoli possiede una sorta di chiave di lettura su come hanno funzionato i due blocchi di potere negli ultimi venti anni. In sintesi, viene confermata la ricostruzione di una città divisa in due, quella su cui ha a lungo lavorato l’attuale procuratore antimafia Gianni Melillo: strade, Università, piazze storiche e quartieri cittadini usati come linea di confine, in uno scenario di divisione tra i Mazzarella e l’Alleanza di Secondigliano. Lo dicono gli stessi interlocutori di Barile, che fanno riferimento ai Reale-Rinaldi di San Giovanni o a una famiglia delle Case nuove come a una sola confederazione criminale. Due eserciti contrapposti che per anni si sono parlati grazie a una sorta di espediente: Barile veniva convocato da “Carmine” in un appartamento da persone legate a entrambi i blocchi, in modo da definire la linea comune, a proposito per esempio delle estorsioni. Una linea diplomatica che viene attribuita a Edoardo Contini, che sarebbe cambiata con il possibile ritorno in libertà di Patrizio Bosti. 

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Doverosa una precisazione: sia Bosti che Contini sono estranei ad ogni genere di accuse e stanno scontando pene in cella da tempo. Tutto ciò che emerge da queste pagine dell’ordinanza è il frutto delle conversazioni dei soggetti interessati dalle indagini per fatti di camorra e racket culminate nel blitz di martedì scorso. Inchiesta condotta dai pm Carrano, Fratello e Rossi, sotto il coordinamento della procuratrice Rosa Volpe, c’è uno scenario pulp che mette i brividi, alla luce di alcune parole finite agli atti: «Facciamogli provare un morto in casa, in famiglia… ora esce un altro mio cugino, saremo forti come Diabolik». Un buon motivo per il gip per tenere in cella Barile (difeso dall’avvocato Sergio Morra), ma anche gli altri due cugini Ciro e Michele Mazzarella, difesi dagli avvocati Salvatore Impradice, Domenico Dello Iacono e Leopoldo Perone.

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