Omicidio a Napoli, la videochat dei killer per uccidere il boss: «Scendi, ho la pistola»

Santa Lucia, retroscena pulp del delitto

Polizia a Napoli
Polizia a Napoli
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Mercoledì 24 Gennaio 2024, 23:37 - Ultimo agg. 26 Gennaio, 07:31
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Una videochat per consumare un agguato di camorra. Per organizzare un attentato e strappare con piombo e sangue il controllo di un territorio che fa gola sotto il profilo criminale. Parliamo dell’omicidio di Pasquale Sesso, consumato la notte del cinque luglio scorso, in vico Solitaria. Un territorio che fa gola a due clan contrapposti, come scrivono gli inquirenti della Dda di Napoli, dal momento che «parliamo di Pizzofalcone, quindi della porta alla Napoli dei grandi alberghi e del turismo che conta, dei ristoranti e della movida».

Uno scenario che fa da sfondo all’omicidio di Pasquale Sesso, in una vicenda investigativa culminata negli arresti di Gennaro Belaeff. Un caso risolto in modo rapido dagli uomini della Mobile del primo dirigente Alfredo Fabbrocini, anche grazie alle immagini ricavate da una telecamera fissata in un balcone privato nella zona del Pallonetto di Santa Lucia. Una storia nota, a leggere la cronaca di questi giorni, che nasce da una contrapposizione tra gli esponenti di un gruppo criminale un tempo riconducibile al clan Elia, a cui farebbe riferimento Gennaro Belaeff finito in manette; e il gruppo dei fratelli Sesso, specialisti nei colpi ai Rolex (come segnalato dalla stessa Interpol), che puntavano a gestire il controllo dei vicoli di Pizzofalcone. C’è un casus belli, legato alla mancata ripartizione dei proventi di una rapina di Rolex, si va dalle ronde per strada, all’agguato. Ma poche ore prima di arrivare al raid, c’è una videochat tra rivali, tra nemici di una faida di camorra che si gioca tra panni stesi ad asciugare, donne che fuggono in casa, spari dal balcone e blitz delle forze dell’ordine. È una chat che agli inquirenti arriva priva di audio «in modalità registra schermo», tra Gennaro Sesso (fratello dell’uomo ucciso), Armando Rizzo, Gennaro Belaeff, alla presenza di altri interlocutori.

Scrivono gli inquirenti, nella misura cautelare firmata dal gip Chiara Bardi: «Si può notare la gestualità di Gennaro Sesso, che si mostra particolarmente spavaldo, che viene ripreso mentre fa il gesto di sparare (mimando con le mani la forma della pistola).

Seguono offese reciproche, minacce, in un crescendo di tensione che si consuma interamente via chat. Contenuti che vengono memorizzati, probabilmente per errore e che vengono rintracciati grazie alla copia forense effettuata in presenza delle parti su un telefonino sequestrato subito dopo l’omicidio. È un cellulare riconducibile allo stesso Gennaro Belaeff, nelle fasi immediatamente successive il delitto. Sono passati 24 minuti dopo le undici di notte del cinque luglio, quando viene messo a segno l’agguato.

La ricostruzione fa leva sulle immagini ricavate da una telecamera di un condominio private. Scene decisamente a tinte pulp, con la ronda in sella agli scooter da parte di soggetti ritenuti legati al gruppo Sesso. Un paio di giri, siamo all’angolo di via Solitaria, quando si nota un uomo in sella alla moto rivolgersi a un balcone in alto. È la vittima dell’omicidio, che faceva parte del gruppo dal quale sarebbe partita la sfida a mezzo social, tramite una videocamera finita agli atti dell’inchiesta della Dda di Napoli. Difeso dagli avvocati Domenico Dello Iacono e Bernardo Scarfò, Belaeff è pronto a rimarcare la propria estraneità alle accuse, nel corso di una probabile udienza dinanzia al Riesame. Intanto, agli atti finiscono le voci di interni domestici, come emerge dalle intercettazioni che finiscono all’interno del fascicolo. C’è una parente del presunto killer che commenta l’omicidio da poco avvenuto. La donna sa che potrebbe scatenarsi una rappresaglia dopo la morte di Sesso e si lascia andare a un commento pieno di amarezza: «Ha sparato ma non ha ucciso una sola persona... ha ucciso tutti quanti noi...».

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A cosa si riferisce la parente del presunto killer? Spiegano gli inquirenti: «È consapevole che da questo momento in poi, la donna e i suoi parenti saranno costretti a rimanere rintanati in casa, di fronte a una probabile risposta da parte del gruppo avversario». Storie di faide per la conquista di un vicolo, che vanno avanti da mesi a colpi di agguati e azioni dimostrative, spesso dalle conseguenze drammatiche. Vicende che attestano l’ampia diffusione di armi in diversi punti della città. Pochi giorni fa, i circa ottanta colpi in via Lucci, pochi mesi fa un omicidio annunciato in diretta. Con un guanto di sfida lanciato dal gruppo emergente, che si è ritorto contro il fratello dell’uomo immortalato in una chat mentre mostrava la forma della pistola e invitava i rivali a scendere in strada.

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