Napoli, omicidio a Santa Lucia: una pistola sequestrata può incastrare il killer

I colpi nell'arma del giovane arrestato sarebbero gli stessi esplosi al Pallonetto

Le indagini al Pallonetto
Le indagini al Pallonetto
di Giuseppe Crimaldi
Sabato 8 Luglio 2023, 09:37
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Ruota tutto intorno agli ambienti criminali del Pallonetto di Santa Lucia l'omicidio di Pasquale Sesso, il 44enne assassinato come un boss tra i vicoli a ridosso di piazza del Plebiscito la note tra mercoledì e giovedì.

Prende di ora in ora sempre più corpo l'ipotesi investigativa secondo la quale alla base del delitto ci sarebbero stati dissapori tra pregiudicati per la gestione di una nuova piazza di spaccio da "esportare" sul territorio dei Quartieri Spagnoli; e la pista privilegiata dalla Polizia di Stato - titolare dell'inchiesta che è coordinata dai pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia - porta verso un personaggio fermato proprio nelle ore immediatamente successive al delitto: si tratta di Gennaro Belaeff, ventisettenne pregiudicato della zona del Pallonetto di Santa Lucia. Il suo nome sarebbe stato iscritto nel registro degli indagati per omicidio.

Il giovane è finito nella rete dei poliziotti grazie a una intuitiva quanto saggia iniziativa degli investigatori, che hanno fatto scattare la caccia al killer di Sesso non appena in Questura è giunta la notizia dell'agguato.

Mobilitati gli uomini della Squadra Mobile, dell'Ufficio prevenzione generale e del commissariato san Ferdinando, si è riusciti a stringere il cerchio passando al setaccio le abitazioni e gli ambienti dei noti pregiudicati del centro storico.

Tra le persone controllate è finito anche Belaeff, appartenente a una famiglia considerata negli anni vicina al gruppo Elia del Pallonetto, sulla quale ci soffermeremo dopo. Durante la perquisizione, il 27enne è stato trovato in possesso di una pistola detenuta illegalmente e con il numero di matricola abraso. Da quella pistola, poco prima, sarebbero stati esplosi gli otto colpi nel raid di via Egiziaca a Pizzofalcone, uno dei quali ha centrato alle spalle Sesso, uccidendolo.

Quando il giovane si è accorto dell'arrivo delle auto con i poliziotti a bordo, ha tentato anche una inutile, quanto rocambolesca fuga: è uscito sul pianerottolo del palazzo in cui vive fuggendo sul tetto, per nascondersi. Un escamotage che ovviamente non ha trovato impreparati i poliziotti: è stato trovato sul terrazzo dell'immobile, nascosto sotto un telone di plastica.

E così Belaeff è stato arrestato in flagranza di reato con le accuse di detenzione illegale di arma da fuoco, di munizioni e ricettazione. Non gli viene contestato il reato di omicido. Non per ora, almeno.

Ma gli investigatori hanno imboccato un'altra pista importante: e adesso si attende una conferma importante: quella dei risultati balistici affidati al Gabinetto regionale di Polizia Scientifica della Questura. Perché se dalle analisi arrivasse la conferma che i proiettili esplosi e i bossoli ritrovati sull'asfalto sono compatibili con quella pistola, per Belaeff le cose si metterebbero malissimo: e scatterebbe l'accusa di omicidio volontario. Tutte le "impronte" balistiche rilevate sui bossoli (o sui proiettili) sono da considerarsi la firma dell'arma che li ha sparati e, un esame comparativo è positivo se si dimostra che le impronte rilevate sono state provocate con certezza dagli elementi meccanici appartenenti a quell'arma.

Ma chi è Gennaro Belaeff? L'uomo, in passato già contiguo all'ormai disciolto clan Elia - storicamente operante nella zona del Pallonetto - è una vecchia conoscenza di polizia e carabinieri. Coinvolto in reati contro il patrimonio, furti e rapine, ma anche in affari di droga. Qualche anno fa venne coinvolto in un'inchiesta della Dda di Napoli: un'inchiesta che descrisse come il clan fondato da Michele Elia (detto Michele e tribunale) si fondasse su una struttura di tipo piramidale ai cui vertici sedevano i fratelli Antonio e Ciro Elia, col supporto di Michele, figlio del primo; e di come i capi si fossero circondati di un nutrito gruppo di fedelissimi attraverso cui coordinavano le attività. Uomini di fiducia dei capi, anche loro componenti di vertice, erano Renato Elia, Michele Antonio Elia, Salvatore Pipolo, e lo stesso Gennaro Belaeff.
 

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