Covid a Napoli, al ristorante nessuno chiede i documenti: «Sennò i clienti vanno via»

Covid a Napoli, al ristorante nessuno chiede i documenti: «Sennò i clienti vanno via»
di Gennaro Di Biase
Sabato 15 Agosto 2020, 00:00 - Ultimo agg. 19:19
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È un optional, in molti casi, la richiesta di un documento di riconoscimento per i clienti che si siedono ai tavoli dei locali napoletani. Dal Vomero al centro storico, da Fuorigrotta all’Arenella, da Chiaia alla zona collinare, sono tanti i commercianti che chiudono un occhio e non registrano la lista di chi beve o cena, violando così le disposizioni dell’ordinanza regionale numero 64 valida in un primo momento fino al 9 agosto, ma successivamente prorogata da Palazzo Santa Lucia fino al 7 settembre, almeno allo stato attuale delle cose. Come si è visto infatti dopo l’ordinanza anti-Covid emessa il 12 agosto - che ha stabilito autodenuncia all’Asl, tampone o obbligo di quarantena per i residenti in Campania che rientrano dall’estero - le regole cambiano in fretta in questo periodo di preoccupata risalita del contagio e di rinascita di svariati focolai di importazione. Eppure, l’abitudine a non chiedere il documento si è diffusa tanto nei ristoranti quanto nei bar cittadini con il passare dei giorni. «In certi casi - raccontano per esempio alcuni ristoratori del Lungomare - bisogna scontrarsi con la reticenza degli avventori a rilasciare dati privati. C’è chi preferisce alzarsi dal tavolo». 
 

 

Sono appena due su sette le circostanze in cui, nelle ultime tre sere, ci è stato chiesto un documento. Senza pretese di fare statistiche matematiche, possiamo dire che i casi virtuosi sono stati la Fonoteca al Vomero e la pizzeria di Palazzo Petrucci in centro. Per il resto, non una richiesta di identificazione. Secondo quanto disposto dal provvedimento regionale di fine luglio - e successivo a casi di focolai in cui alcuni clienti infetti da Covid-19 avevano dato referenze fasulle ai gestori dei locali - almeno un individuo per ogni tavolo dovrebbe fornire le sue generalità ed esibire un documento, così da poter risalire alla scia dei contatti ed arginare il contagio in caso di positività di un avventore. Un piatto di pasta, una birra, un cocktail o un amaro possono essere tranquillamente ordinati, in certi posti e in certi orari, senza che nessuno chieda alcuna informazione.
 

I furbetti dei documenti non mancano, dunque, tra i ristoratori. Manca invece talvolta senso di responsabilità tra i clienti, spesso sprovvisti di mascherine all’interno dei locali. L’attenzione al contagio riguarda la coscienza individuale, come ribadito dal Governo nelle ultime ore, ma le regole no. E se è vero che non tutti gli imprenditori rispettano le norme, è vero anche che non tutti le infrangono. Nella seconda tipologia di casi rientrano anche quei ristoratori che devono “lottare” con il rifiuto di quegli avventori che per ragioni di privacy preferiscono non lasciare i dati: «Capita che i clienti, davanti alle nostre richieste di fornire un documento, rispondano con una faccia storta o che ci dicano di non avere con sé la carta di identità. La maggioranza delle persone però capisce la situazione e reagisce bene - dice Francesco Cipolletta di Molo 17 in via Partenope - Mi è capitato a fine luglio di dover mandare via un signore, proprio a ridosso dell’ordinanza. Quanto al resto, si ricomincia a vedere qualche turista e gli affari stanno ripartendo». «I clienti che si rifiutano di darci il documento ci sono - aggiunge Antonio Viola di Mammina, sempre su via Partenope - I rifiuti riguardano specialmente il numero di cellulare, ma per lo più ci vengono incontro. La ripresa? Sul Lungomare si tiene botta, ma a Santa Brigida la crisi pesa ancora».

Antonino Della Notte, titolare di Antonio&Antonio e presidente di Aicast, si rivolge ai colleghi che non rispettano le regole: «Il lavoro procede bene, e con l’ordinanza non stiamo avendo particolari problemi a gestire i clienti che arrivano a mangiare da noi sul Lungomare. L’identificazione è una traccia contro il Covid, che dovrebbe essere richiesta però in tutti i settori a rischio contagio. Lancio un appello a tutti gli esercenti: è necessario prendere i dati dei clienti e conservarli per aiutare la mappatura del virus». In una metropoli, ovviamente più affollata di un Comune piccolo o delle isole, può essere più complesso fare attenzione al registro degli ingressi? «La folla, il quartiere e l’orario della giornata non devono e non possono essere un’attenuante per non chiedere i documenti», conclude Della Notte.
 

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