Insulta e minaccia dirigente Eav, licenziato sindacalista

Insulta e minaccia dirigente Eav, licenziato sindacalista
di Francesco Gravetti
Venerdì 6 Maggio 2022, 07:00 - Ultimo agg. 7 Maggio, 07:45
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Prima la sospensione, poi un lungo iter per tentare di trovare una mediazione, infine la decisione estrema, che apre le porte alle polemiche: il licenziamento. È accaduto in Eav, dove lavorano circa 3000 dipendenti ai quali se ne stanno aggiungendo altri in virtù di una serie di concorsi. Uno di loro, (un lavoratore di lungo corso, con decenni di esperienza alle spalle) è stato licenziato dopo un diverbio col direttore del personale.

Un'aggressione in piena regola, non fisica ma comunque violenta, con parole durissime.

Lo dice l'azienda, che ha diramato un comunicato mediante il quale spiega che «purtroppo si è dovuti giungere alla forma estrema di sanzione con un dipendente che ha aggredito verbalmente e minacciato il nostro capo del personale mentre era in una call. Le urla si sono sentite nei corridoi e molti dipendenti sono stati quindi testimoni della scena. Per portare via dalla camera del dirigente, dopo mezz'ora di urla e minacce, l'aggressore sono dovute intervenire le guardie giurate».

Il fatto è avvenuto lo scorso gennaio. Il dipendente Eav, che è un rappresentante del sindacato Orsa, avrebbe chiesto chiarimenti sulla posizione di un'altra lavoratrice dell'azienda, il cui caso stava seguendo proprio nella sua funzione di sindacalista. I toni, tuttavia, sono diventati molto accesi, tanto che, come spiegato nel comunicato, il direttore del personale ha dovuto chiedere l'intervento dei vigilantes per farsi tutelare. L'operaio è stato subito sospeso «dal soldo e dal servizio», come previsto da un articolo del Regio Decreto dell'8 Gennaio 1931 numero 148, che pur risalendo a circa cento anni fa tuttora regola l'attività degli autoferrotranvieri in Italia.

Poi si è aperto il procedimento dinanzi al Consiglio di disciplina, che è formato da esponenti dei sindacati e della stessa Eav ed è presieduto, solitamente, da un magistrato (in carica o in pensione). Al termine di numerose e lunghe sedute, il verdetto: l'uomo è stato licenziato anche perché, come evidenziato da Eav, «purtroppo non ha mai ammesso la colpa, né tantomeno chiesto scusa».

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Naturalmente il dipendente può impugnare il provvedimento e portare l'azienda in tribunale: ha, anzi, già affidato a un avvocato l'incarico di rappresentarlo. Si profila, dunque, una battaglia legale per ottenere il reintegro del lavoratore licenziato. Dal canto suo, quelli dell'Orsa stigmatizzano l'atteggiamento di Eav: «Troviamo offensivo che l'azienda, prima ancora di notificare il provvedimento al dipendente, faccia un comunicato stampa: questo è ingiustificabile. Non vogliamo giustificare né le aggressioni né le prevaricazioni, ma il licenziamento è sempre un atto infelice, è la condanna a morte di un lavoratore». Il presidente Eav Umberto De Gregorio, però, ribatte: «È sempre doloroso procedere a un licenziamento, si cerca sempre una soluzione alternativa, ma quando viene meno il rapporto di fiducia, purtroppo la legge impone il rigore estremo». 

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