Fase 2 a Napoli, la via dei pastori muore: «San Gregorio Armeno non riaprirà»

Fase 2 a Napoli, la via dei pastori muore: «San Gregorio Armeno non riaprirà»
di Luigi Roano
Domenica 17 Maggio 2020, 01:00 - Ultimo agg. 11:02
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Chiedono aiuto al Comune per la cancellazione di alcuni tributi locali, ma a Palazzo San Giacomo e al sindaco Luigi de Magistris fanno sapere che loro - gli artigiani della via dei presepi, stiamo parlando di San Gregorio Armeno - sono pronti a farsi «adottare» da uno sponsor, magari internazionale per sopravvivere. Serve una iniezione di soldi e di ottimismo perché, questa la sostanza, domani nonostante inizi formalmente la Fase 2, le serrande gli artigiani del presepe continueranno a tenerle abbassate. E questo perché le condizioni della ripartenza fanno spegnere ogni speranza di rinascita. Situazione complessa. La pandemia c’è e fa ancora paura su questo non ci piove. Dalle parti di San Gregorio Armeno temono il distanziamento sociale, ma soprattutto la desertificazione del centro storico della città di cui erano l’attrazione primaria e fatale delle centinaia di migliaia di turisti che arrivavano a Napoli fino a 90 giorni fa. Senza di loro - il ragionamento - inutile stare aperti, anzi San Gregorio Armeno muore. Così, gli artigiani si sono organizzati e hanno dato via all’associazione culturale di promozione sociale Corpo di Napoli che riunisce tutte le storiche botteghe artigiane di via San Gregorio Armeno: «Un luogo di perfezione artistica immersa nel cuore del centro storico di Napoli», un movimento nato per chiedere aiuto alle Istituzioni. È l’incipit del loro manifesto.  
 

 

Chiedono aiuto al Comune e a de Magistris, tuttavia, chiedere soldi all’ente di piazza Municipio è un grosso azzardo visto che il sindaco tre volte al giorno li chiede - legittimamente - al Governo e minaccia di non erogare più i servizi primari perché ha le casse vuote. Il decreto rilancio è stato approvato e li dentro ci sono misure di ristoro per la tassa di occupazione di suolo pubblico. Il Comune può solo limitarsi ad aspettare che il ristoro arrivi da Roma e nulla più. Quali sono concretamente le richieste degli artigiani del presepe? Quelle allegate alla lunga lettera spedita al sindaco: «Sostegni e agevolazioni che preserverebbero, fino alla ripresa del mercato economico, la vita non solo delle botteghe, ma di tutto l’indotto da esse alimentate». Vale a dire «la liquidazione di un contributo a fondo perduto, da riconoscersi a decorrere dal mese di marzo 2020 fino a dicembre, necessario per sostenere le spese delle locazioni, delle utenze e dei servizi, nonché gli inevitabili costi per sanificare gli ambienti e rispettare le disposizioni per riaprire in sicurezza i locali e i laboratori». Questo è solo il primo punto, a seguire «la riconduzione delle imposte dirette e indirette relative dell’anno fiscale 2019, in un unico scaglione di tassazione da determinarsi nella misura del 20% del reddito; l’abolizione delle imposte regionali Tasi e Imu; la rimodulazione dei costi dell’energia elettrica da pagarsi al netto del solo consumo effettivo» cioè senza le imposte. Il prolungamento della Cig». Secondo gli artigiani da de Magistris sarebbe arrivata già una risposta «rassicurante che nessuna contaminazione sarà tollerata» ma non si parla di virus bensì della garanzia che in via San Gregorio Armeno la pandemia non porti via la sua identità e che lì ci saranno «le sole attività legate alla realizzazione e commercializzazione dei prodotti che nascono dalla fantasia e dalle sapienti mani degli artigiani napoletani». 
 

È a questo punto del loro ragionamento che gli artigiani lanciano la loro sfida: «Occorre - si legge nel loro manifesto - un maggior sforzo, un intervento coraggioso. E nell’ottica di uno spirito propositivo abbiamo suggerito il coinvolgimento di un nuovo attore, anche internazionale, ovvero di uno o più sponsor adottivi che garantiscano l’iniezione diretta di capitali. Lunedì, anche se autorizzati alla riapertura, le saracinesche resteranno abbassate in segno di protesta affinché si materializzi un concreto e fattivo ascolto che non si esaurisca in una vana promessa». Insomma un monito a de Magistris forte, questa volta non bastano le promesse ma servono atti concreti come quelli inseriti nella delibera “Napoli riparte” cioè trasformare «un mero atto di indirizzo» in qualcosa di potabile per un pezzo pregiato dell’economia cittadina. Per «questo museo a cielo aperto - scrivono ancora gli artigiani - visitato in qualunque periodo dell’anno, conosciuto in tutto il mondo e costante meta di turisti». Per gli artigiani «la suggestiva strada rischia di scomparire». La chiusura è sull’epidemia: «Benché legittime le restrizioni non solo oggi rendono la strada orfana della sua immagine gioiosa, ma dissolvono ogni concreta speranza di una ripresa economica in tempi brevi». 
 

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