«I giovani mitizzano i boss, è colpa di social e serie tv»

La docente coordinatrice del progetto: «Cutolo resta più noto di Giancarlo Siani»

Ines Barone
Ines Barone
di Gennaro Di Biase
Lunedì 19 Febbraio 2024, 00:00 - Ultimo agg. 20 Febbraio, 07:33
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Pur restando importante il suggerimento arrivato sulla possibilità di privare i camorristi della patria potestà, «il boss Raffaele Cutolo resta più famoso di Giancarlo Siani, tra gli studenti di Napoli e provincia». A parlare è Ines Barone, docente, referente e coordinatrice del progetto “Mobilitiamoci contro la camorra”.

Barone è alla sua seconda esperienza nella realizzazione di un questionario sulla legalità rivolto ai giovani di Partenope e dintorni. «Abbiamo imparato che c’è una grossa osmosi tra scuola e società - spiega - Di fatto, chi proviene da ambienti malsani porta a scuola le sue abitudini e le diffonde tra i compagni. Bisogna agire perciò sul linguaggio e sui modelli di riferimento da dare ai ragazzi. I numeri emersi dal questionario sono in chiaroscuro. Dall’analisi generale dei dati della I edizione 2021 - 2022 del Questionario anticamorra voluto dal deputato Francesco Borrelli e che aveva lo scopo di indagare la conoscenza degli studenti sulla criminalità giovanile e sul fenomeno mafioso, dei significati simbolici e valoriali associati alle mafie emergeva, sebbene nel novero di alcuni dati pur sempre chiaroscurali, che la maggior parte dei giovani intervistati aveva ben chiaro il valore fondante delle regole per un corretto vivere sociale. Emergeva per lo più “la massiccia volontà di un numeroso popolo di studenti desideroso di legalità e di ripristino delle regole, in una Napoli e città metropolitana, troppo spesso ingiuriata dal sopruso e dalla prevaricazione. È da questa premessa che è nata la II Edizione 2023 - 2024 del progetto del Questionario, non a caso questa volta intitolato “Mobilitiamoci contro la camorra”. L’operazione della diffusione del questionario, sempre coordinata da me, proposta Borrelli e dall’assessore alla Scuola, alle Politiche Sociali e alle Politiche giovanili della Regione Lucia Fortini, ha avuto un duplice obiettivo, da un lato sensibilizzare i giovani e la comunità scolastica sui temi della violenza e della criminalità organizzata e delle ecomafie. Dall’altro lato, lo scopo era quello di sospingere i ragazzi e le ragazze all’impegno civile. Abbiamo anche fatto un necessario riferimento al fenomeno Geolier, ultimamente protagonista tra i giovani».

Qual è stato il criterio di selezione degli istituti da coinvolgere?

«Abbiamo cercato di rivolgerci a un campione di scuole che fosse più uniforme possibile, così da restituire la fotografia delle opinioni dei teen-ager non solo del capoluogo, ma anche della provincia»

I dati presentano luci ma anche tante e ombre. In generale si può registrare un deficit di appeal verso la legalità da parte di tanti adolescenti. Concorda?

«In effetti ha ragione: non c’è tanta devozione verso i valori della legalità. I dati, come le ho accennato prima, sono in chiaroscuro, e questo non può non essere messo in evidenza. Una buona parte dei ragazzi intervistati però ha voglia di legalità. Va detto anche questo. Da docente, le dico, bisogna puntare sulla fetta di giovani desiderosa di agite per il bene collettivo. Non a caso, abbiamo realizzato il questionario anche per coinvolgere i ragazzi in future iniziative».

Come commenta il dato sulle armi? Il 5% dei ragazzi ha dichiarato di aver girato con un coltello in tasca. Un numero preoccupante?

«Cinquecento ragazzi armati su 10mila non sono affatto pochi. La percentuale è altissima. Così come è troppo alta la percentuale di chi non ritiene che un atto illegale sia da denunciare. Certo, la maggioranza dei giovani denuncerebbe un crimine, ma 250 persone non sono poche. Ancora più grave è il 27,9% che non condanna l’omertà. La denuncia è fondamentale: si deve lavorare sulla credibilità delle istituzioni. Nella scuola si deve operare più per la valorizzazione della legalità. Questo emerge chiaramente da entrambi i sondaggi».

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Dalle risposte sono emersi anche degli aspetti positivi. Come li commenta?

«Le risposte sulla sospensione della patria potestà ai camorristi sono le più incoraggianti. La misura, non a caso, è in fase di dibattito anche a livello istituzionale».

Secondo lei, il contesto sociale e i modelli offerti dall'industria culturale - che spesso mitizzano con prodotti di successo protagonisti responsabili a vario titolo di reati - influiscono sul fascino che il male esercita sui giovani?

«Certo che influiscono. La tv e i video teatralizzano drammi che nella realtà sono molto diversi. Questo fa in modo che i ragazzi non si rendano conto di cosa sia davvero la camorra. A volte prendono gesti e linguaggi del mondo della malavita e li eleggono a modello. Quindi li diffondono tra coetanei».

Lei ha accennato alla realizzazione di iniziative future con i ragazzi. Quali?

«Quest’anno stato è stato coinvolto anche l’assessorato di Lucia Fortini. Ci siamo resi conto dell’emergenza e della deriva sociale che sta riguardando tanti giovani. Coinvolgeremo i ragazzi in forme di associazionismo volte alla legalità. Le percentuali di casi di persone non interessate a farne parte, però, continuano a essere preoccupanti. Il 35% degli intervistati non ha interesse a partecipare a un comitato regionale anticamorra. Gli altri sì, per fortuna. Procederemo con loro».

In definitiva, cosa si può fare per aumentare la voglia di legalità? Lei cosa suggerisce?

«Abbiamo imparato che c’è una grossa osmosi tra scuola e società. Se la seconda trasmette dei valori positivi, allora la prima ne risentirà positivamente. Chi proviene da ambienti malsani li porta a scuola. I modelli negativi come i boss, da Cutolo ai narcos, purtroppo sono ancora ben conosciuti, ma tanti non sanno chi siano Giancarlo Siani o don Maurizio Patriciello. In ultimo, mi lasci dire che serie televisive come “Mare Fuori” sono troppo drammatizzate e romantiche. Fanno tanto indotto e visualizzazioni, ma favoriscono la diffusione di contenuti spesso fuorvianti. Perché i giovani non hanno gli strumenti per distinguere tra fiction e realtà».