Imprenditore ucciso dai Polverino, il pentito Perrone: «Lo zio mirava ai loro terreni»

Imprenditore ucciso dai Polverino, il pentito Perrone: «Lo zio mirava ai loro terreni»
di Ferdinando Bocchetti
Venerdì 17 Novembre 2017, 12:09
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Enrico Amelio, l'imprenditore edile di Mugnano vittima di un agguato nel 2006, fu ammazzato dai sicari del clan Polverino. Lo ha ribadito ieri, nel corso dell'udienza che si è svolta davanti ai magistrati della quarta sezione della Corte d'Assise di Napoli, il collaboratore di giustizia Roberto Perrone, per anni braccio destro del boss Giuseppe Polverino. Dichiarazioni rese durante il controesame dei testi, richiesto dall'avvocato Giovanni Fariello Esposito, difensore del padrino di Marano. Non sono mancati gli screzi, i momenti di tensione in aula, culminati con una momentanea sospensione dell'udienza. Perrone, uomo di riferimento dei Polverino nel comune di Quarto, ha spiegato di aver appreso dalla televisione della morte di Amelio, suo amico, mentre era in carcere e di avere, in una fase successiva, parlato di quella vicenda con Castrese Paragliola, sempre durante il periodo della sua detenzione. "Fu Paragliola a confermarmi che ad uccidere Enrico Amelio erano stati gli uomini del clan Polverino", ha ribadito in videoconferenza il collaboratore di giustizia. L'imprenditore pagò con la vita perché lo zio, Leonardo Carandente Tartaglia, mise gli occhi su alcuni terreni, situati nel comune di Quarto, oggetto degli interessi della fazione criminale capeggiata dal "Barone".

Quella che doveva essere soltanto una "lezione", una gambizzazione, si trasformò in omicidio. Amelio, avvicinato dal killer assoldato dai Polverino nei pressi della scuola Gioberti di Quarto, fu centrato da tre colpi alla gamba destra e una alla gamba sinistra. L'ultima pistolettata, però, recise l'arteria femorale dell'imprenditore, che da qualche tempo si era trasferito nel basso Lazio, provocandone la morte. Una punizione che sarebbe stata sollecitata - secondo quanto ricostruito da Perrone - da Nicola Imbriani, altro storico affiliato al clan Polverino e già destinatario di una condanna per associazione mafiosa e traffico di stupefacenti. "Uscito dal carcere - ha raccontato ancora Perrone, difeso dall'avvocato Domenico Esposito - approfondii la vicenda dell'omicidio Amelio. Seppi che Imbriani aveva chiesto a Giuseppe Polverino di dare una lezione ad Enrico, poiché quest'ultimo non era riuscito a convincere lo zio a non immischiarsi in un affare per l'acquisto di alcuni terreni nel comune di Quarto".

Quei terreni, da utilizzare per una speculazione edilizia, avrebbero fruttato al clan almeno tre milioni di euro. "Giuseppe Polverino - ha ricordato Perrone - accontentò Imbriani, che si era sentito offeso per il comportamento di Amelio. Per l'organizzazione dell'agguato furono convocati anche Giuseppe Perrotta e Salvatore Liccardo". Nell'agguato, a vario titolo, secondo le tesi formulate dall'accusa, furono coinvolti Claudio De Biase, indicato come l'esecutore materiale, Salvatore Liccardo, alias "Pataniello", Salvatore Simioli, alias 'o Sciacallo, Salvatore Cammarota e Gaetano D'Ausilio, quest'ultimo collaboratore di giustizia già ascoltato dagli inquirenti nei mesi scorsi. 
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