Metropolitana di Napoli, è allarme sicurezza: la Procura indaga su tutta la rete

Metropolitana di Napoli, è allarme sicurezza: la Procura indaga su tutta la rete
di Leandro Del Gaudio e Mary Liguori
Mercoledì 15 Gennaio 2020, 23:00 - Ultimo agg. 16 Gennaio, 11:40
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Non c’è solo lo scalo di Piscinola al centro delle indagini. Non c’è solo lo scontro-deragliamento di martedì mattina, nel fascicolo aperto in queste ore dalla Procura di Napoli. È un intero sistema di sicurezza a finire al centro delle verifiche investigative, all’indomani della tragedia mancata nei pressi della stazione della metropolitana di Piscinola.

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È questa la traiettoria dell’inchiesta, che punta decisamente in alto, sia per quanto riguarda i capi di accusa, sia per ciò che concerne il target delle indagini, il contenuto finale di un problema - quello della sicurezza - che coinvolge potenzialmente centinaia di migliaia di cittadini. Ma andiamo con ordine, a studiare le mosse della Procura di Napoli: l’accusa ipotizzata in queste ore è di disastro ferroviario, un reato che riguarda le potenziali conseguenze drammatiche dell’incidente di martedì scorso, ovviamente al netto della fortunata circostanza che ha consegnato ai taccuini solo pochi feriti in modo lieve. Poi c’è la traiettoria delle verifiche, che investe l’intero apparato di sicurezza della metropolitana collinare, meglio conosciuta come metro dell’arte, per i tanti allestimenti di opere contemporanea che arricchiscono mura e corridoi dei rispettivi scali. 

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Inchiesta condotta dal pm Michele Caroppoli e dal procuratore aggiunto Simona Di Monte, sotto il coordinamento del procuratore Gianni Melillo. Si parte dalle scatole nere, dall’orario segnalato nella memoria informatica al momento dello scontro. Per poi passare al sistema di sorveglianza e di sicurezza che - almeno sulla carta - dovrebbe essere assicurato da due fattori in particolare: i semafori e i computer che tengono collegati centro e periferia, vale a dire le stazioni con i singoli convogli. Chiaro il ragionamento della Procura. Non si può rimanere fermi al solo incidente di qualche giorno fa, né è possibile rimanere insensibili rispetto alle denunce o segnalazioni che si moltiplicano in questi giorni. 
 

 

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È in questo scenario che vengono nominati esperti del settore della viabilità - tra ingegneri e informatici - per capire a chi è affidata la sicurezza di migliaia tra utenti e passeggeri sui binari della metropolitana.
Ed è ancora in questo scenario, che sono scattate le prime convocazioni di soggetti potenzialmente informati dei fatti, di possibili testimoni in grado di svolgere un contributo sull’incidente di due giorni fa. Tra i primi ad essere convocati, è Enzo Balzano, sindacalista della Faisa Confail, uno che in questa storia finirà per essere ricordato come una sorta di Cassandra.

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Ha anticipato tutto, nel corso di una intervista resa al Mattino lo scorso luglio, a proposito di un clamoroso guasto nel sistema dello scambio del 30 giugno, che rese necessaria una manovra eroica e tempestiva da parte del macchinista. Ricordate la denuncia di Balzano? Lo ha ripetuto due giorni fa lo stesso sindacalista ai microfoni di radio Crc, rispondendo a una domanda del conduttore Corrado Gabriele: «Purtroppo, noi macchinisti andiamo a senso, i semafori non funzionano, spesso siamo costretti a guidare affidandoci all’istinto e all’esperienza». 

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Parole che hanno spinto la Procura a convocare Balzano, in uno scenario destinato ad arricchirsi. Oltre alle testimonianze, saranno acquisite tutte le informazioni utili per ricostruire il sistema di funzionamento della protezione meccanica, elettronica: il cosiddetto train protection, che dovrebbe mettere al riparo - almeno sulla carta - i passeggeri e gli addetti ai lavori da un possibile errore umano. Esiste davvero un sistema di protezione che inchioda un treno a quattrocento metri da un altro convoglio? E cosa sarebbe accaduto se martedì scorso uno dei tre treni viaggiava a una velocità sostenuta?

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Domande che spingono ad analizzare collaudi e interventi di manutenzione, nel tentativo di capire se - al di là degli aspetti formali - le cose in concreto funzionano diversamente. Un’inchiesta destinata anche a fare i conti delle risorse e dei finanziamenti destinati al comparto sicurezza. Presto potrebbero essere ascoltati - sempre come persone informate dei fatti - i vertici dell’azienda, gli esponenti del management dell’Anm, in una vicenda che attende conclusioni sotto il profilo penale. Si va da un incidente miracolosamente rimasto privo di conseguenze drammatiche, alla storia di scelte o soluzioni amministrative che oggi vengono rilette alla luce dell’accusa di disastro ferroviario. 
 

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