Marano, la grande beffa; l’acqua c’è ma da due mesi le case a secco

Marano, la grande beffa; l’acqua c’è ma da due mesi le case a secco
di Gigi Di Fiore
Lunedì 27 Giugno 2022, 00:16 - Ultimo agg. 28 Giugno, 07:25
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In giorni di allarme siccità da nord a sud, quello che da un paio di mesi si vede a Marano si distingue davvero per originalità. L’acqua c’è, ma non arriva nelle case. Viene sprecata e persa in impianti gruviera, depredata da avvoltoi dell’allaccio abusivo che alimentano record di evasione nei canoni idrici. Così, sugli utenti in regola si riversano i costi paradossali di un non servizio da terzo mondo. Ecco Marano senza acqua, cittadina di poco più di 60mila abitanti, alle prese con autobotti private e della Protezione civile, affiancate da singoli rifornimenti di fortuna con viaggi e taniche nei comuni vicini. Una cittadina, a ridosso del quartiere Chiaiano di Napoli, che fu regno camorristico del clan Nuvoletta e poi dei Polverino, sciolta per ben quattro volte in 31 anni per infiltrazioni camorristiche. L’ultima risale ad appena un anno fa e i tre commissari straordinari, guidati dal prefetto Gerardina Basilicata, sono ora alle prese con un’emergenza dalle radici antiche.

La zona del centro storico si rifornisce d’acqua da un impianto in arrivo da Chiaiano. Le aree periferiche, da via San Rocco, via San Marco, fino a via Marano-Quarto, ricevono acqua dai Camaldoli con un sistema che poteva andare bene quando i residenti erano 30mila. L’acqua scende in invasi, poi deve risalire utilizzando un sistema di pompe di sollevamento. Tutto bene, se non fosse che tutto si è usurato e le condotte sono vere e proprie gruviere, con perdite che hanno bisogno continuo di toppe. E poi gli impianti di sollevamento - C1, C2 e C3 - che richiedono pezzi di ricambio e ormai funzionano a singhiozzo. Per anni, negli organici comunali, ormai ridotti ad appena 90 dipendenti rispetto ai 300 di altri tempi, erano inseriti anche dei tecnici fontanieri che, uniti a ditte private attivate con «somma urgenza», riparavano guasti e buchi. Palliativi, in assenza di rifacimenti e interventi radicali per aggiornare gli impianti. 

Il resoconto delle emergenze è in continuo aggiornamento quotidiano, specie in questi giorni di caldo torrido. Le frazioni di San Marco con l’area collinare hanno per quasi l’intera giornata i rubinetti a secco. Dieci famiglie di via Cupa Castello Scilla hanno inscenato una protesta rumorosa, perché sono rimaste senza acqua per quasi due mesi. Paradosso di una situazione paradossale è il grande spreco in via Marano-Quarto, dove una delle tante falle nelle condutture ha fatto riversare un fiume d’acqua in strada. Uno spreco.

Ma il Comune che riceve acqua con il contagocce è anche in dissesto e l’ultimo bilancio approvato dai tre commissari straordinari, che si sono insediati il 17 giugno dello scorso anno, ha chiuso con un disavanzo di otto milioni e 830.424 euro.

I revisori dei conti segnalano un’alta evasione di tasse dovute al Comune. E, sui canoni idrici, raccomandano di «potenziare l’attività di accertamento, poiché il tasso di evasione e morosità risulta essere eccessivamente elevato». 

L’impianto idrico è vecchio, ma tanti sono gli allacci abusivi, mai censiti e quindi con canoni mai pagati, che hanno appesantito l’erogazione rendendola difficilmente controllabile. Otto anni fa, quando il Comune era guidato dall’amministrazione commissariale presieduta da Gabriella Tramonti, si accertò che erano dalle tremila alle cinquemila le utenze idriche mai censite per circa il 30 per cento del totale. Risultò che il Comune acquistava dal sistema di acquedotto regionale circa 10 milioni di litri d’acqua, ma nei bilanci ne risultavano pagati solo tre milioni. Versavano il canone solo 16mila maranesi. E quattro anni fa, furono tagliati gli allacci abusivi a 35 famiglie. In gran parte chi non paga vive nei grandi parchi con centinaia di residenti.

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La protesta, con flash mob, segnalazioni, esposti ai carabinieri, si è estesa nelle aree di via Madre Teresa di Calcutta, via Castello Scilla, via San Rocco, via San Marco, via Foragnano. A turno, l’acqua manca e molti si sono attrezzati con serbatoi privati sistemati sui balconi per affrontare i disagi. La Regione annuncia interventi, ma per tamponare l’emergenza. Non si possono inserire progetti per l’acqua a Marano nel Pnnr, ma ci sono oltre dieci milioni di euro nei Pics, i progetti integrati città sostenibile, che eventualmente potrebbero essere stornati per l’emergenza idrica. Ma il territorio non è facile e uno dei tre impianti di sollevamento, il C2, è stato anche depredato dai ladri, che hanno preso rame e materiali vari che lo hanno reso a lungo inservibile. In contemporanea, il C3 perdeva acqua dalle tubature usurate. Certo, i controlli anche sugli abusivi sono pochissimi.

Ma il Comune commissariato deve fare i conti con un organico di agenti della polizia locale ridotto all’osso, di appena nove vigili in una cittadina di oltre 60mila abitanti. Brindano i privati, che nell’emergenza ci guadagnano sempre. I privati delle autobotti, che vendono nei parchi acqua a 20 euro al litro. I privati che commerciano taniche e le hanno quasi tutte esaurite. I tre commissari, eredi di una patata bollente che risale nel tempo e si è ora aggravata, fanno quello che possono anche invitando, con un’ordinanza, a «non utilizzare l’acqua potabile per innaffiare i giardini, lavare autovetture e riempire piscine». La gente che ha i rubinetti a secco si è infastidita, come si sono infastiditi i maranesi che hanno ricevuto richieste di pagamento dei canoni idrici. Purtroppo, chi è in regola subisce una realtà dove negli anni si sono inseriti molti furbi, che hanno reso più difficile risolvere la grande sete di Marano.

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