«Minò il prestigio del boss Tamarisco
perciò Matilde Sorrentino fu uccisa»

«Minò il prestigio del boss Tamarisco perciò Matilde Sorrentino fu uccisa»
di Dario Sautto
Mercoledì 25 Maggio 2022, 09:17
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L'omicidio della mamma coraggio Matilde Sorrentino fu una «punizione esemplare» contro «una donna che aveva avuto il solo torto di sporcare la sua immagine». Un'azione mossa da un «sentimento spregevole». Con queste motivazioni, la prima sezione penale della Corte d'Assise di Napoli (presidente estensore Antonio Palumbo, giudice Giuseppe Sassone) lo scorso 21 dicembre ha condannato all'ergastolo Francesco Tamarisco, narcotrafficante della famiglia dei «Nardielli» di Torre Annunziata, ritenuto il mandante dell'omicidio della donna che, con le sue denunce, a fine anni 90 aveva scalfito il muro di omertà che regnava nel rione Poverelli e nella scuola degli orrori e, insieme ad altre mamme, denunciò i pedofili che avevano violentato diversi bambini di quell'istituto. Tra le persone identificate dai bambini e accusate dalla stessa Matilde Sorrentino c'era pure Francesco Tamarisco, che per quei fatti fu condannato in primo grado a dieci anni di reclusione e poi assolto in Appello.


Tamarisco fu riconosciuto dai bambini all'interno della casa di uno dei pedofili «prima che iniziassero le violenze», orrori che venivano anche filmati.

Quelle accuse, secondo la Corte, potevano «minare irrimediabilmente il prestigio e la repuzione di un capo» com'era considerato Tamarisco in particolare nel rione Poverelli. «La vicenda pedofilia non poteva non rappresentare per Tamarisco una macchia indelebile cui porre necessariamente rimedio» è il movente di quell'efferato omicidio avvenuto il 26 marzo 2004 al parco Trento di Torre Annunziata. Per quel delitto, sta scontando l'ergastolo da irriducibile l'esecutore materiale Alfredo Gallo, a cui è legata gran parte dell'accusa: secondo la Procura di Torre Annunziata (in aula rappresentata dall'aggiunto Pierpaolo Filippelli), i Tamarisco avrebbero garantito un vitalizio al killer in cambio del silenzio. I parenti versavano da allora circa 500 euro al mese, nonché regali costosi e a loro, è l'accusa, i Tamarisco avevano regalato anche un'auto una Alfa 156 con la quale si recavano ai colloqui. Quei «500 euro sono stati versati per 41 volte scrivono i giudici Cifre incompatibili con le condizioni di reddito della famiglia Gallo. Deve esserci un intervento esterno». Dunque, un mandante.

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Decisiva per l'individuazione sarebbe l'intercettazione di una conversazione tra le zie di Gallo, che parlano dei Tamarisco dopo un interrogatorio: «Ci hanno visto prendere i soldi da questi qua». Un cugino, invece, teme che ci sia un pentito «tra i Nardielli, arrestano pure zia». La ricostruzione effettuata dalla Corte ricalca in gran parte quella dell'accusa. Innanzitutto sui mandanti dell'omicidio di mamma coraggio che «dovevano essere persone direttamente coinvolte nella travagliata vicenda della pedofilia», confermato anche dalle «indagini sviluppate ad amplissimo spettro». Dalle dichiarazioni reticenti delle altre mamme che erano accanto a Matilde Sorrentino nelle denunce è venuto fuori «il terrore per le minacce subite, e non dai Tamarisco» nel corso degli anni. Capitolo a parte le dichiarazioni di alcuni testimoni «eccellenti» come Pasquale Gionta e Umberto Onda, ritenute «il vero e proprio festival dell'omertà».
 

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