Movida violenta, è allarme. Tanto che c'è qualcuno che invoca lo stato di emergenza e costituisce un comitato civico per la tutela dei minori. Succede a Napoli, a Chiaia, dopo che sabato scorso si è verificato l'ennesimo episodio di criminalità che ha coinvolto dei giovani: «Alcuni hanno esploso tre colpi di pistola in aria mettendo a repentaglio la vita di tutti i ragazzi presenti, sia per i proiettili vaganti che per l'effetto mandria impazzita che crea spesso più morti e feriti dei colpi stessi» scrivono i promotori del comitato che nel giro di due giorni ha raggiunto le 400 adesioni.
Sono professionisti e commercianti, genitori e nonni, ma anche giovani e abitanti di altre zone di Napoli. Preoccupati per l'escalation di atti di violenza e da chi non fa nulla per contrastarli: «La città non è di chi spara, di chi si arma, di chi aggredisce, di chi la mortifica ogni giorno. La città è anche di noi napoletani gentili, onesti, silenziosi». La lettera è indirizzata al sindaco Gaetano Manfredi, al prefetto Claudio Palomba e al questore Alessandro Giuliano. Chiede ufficialmente di dichiarare lo stato di emergenza, almeno per la prima municipalità, per un motivo preciso: «Solo in un regime simile si possono richiedere forze straordinarie di presidio del territorio» spiega Fabiana Sciarelli, docente universitaria, tra gli ideatori del comitato e dell'appello.
Il fattaccio di sabato non è l'unico: «Da quando è finito il lockdown ricordiamo quelli nell'area pedonale di Chiaia, a Marechiaro, sulle spiagge di Posillipo e tanti altri, sempre nella nostra municipalità e sempre a danno di ragazzi per mano di coetanei» dice la Sciarelli. Nella sua analisi non si limita alla prima municipalità e vede la diffusione di un'atmosfera da Far west in tutta Napoli. «Da una parte c'è chi si comporta come se il territorio fosse il suo, impugnando le pistole e seminando il panico». Dall'altra, dice, c'è una inattività istituzionale altrettanto colpevole. «Non vogliamo la militarizzazione dei posti ma garanzie di sicurezza. E fare ognuno la propria parte con occhi, mentre e braccia: non ci tiriamo indietro se si tratta di intervenire, con le nostre capacità, ma desideriamo che l'amministrazione e gli enti di controllo ci ascoltino».
Tra chi ha aderito al comitato ci sono anche i giovani. Giovani come Iole Raccuglia, 17 anni, studentessa all'Umberto e nominata responsabile dell'area giovani di questa rete neonata: «Penso sia decisivo agire in prima persona, rivogliamo le nostre zone di svago. Sono mesi che ho paura di uscire di casa e non solo nella cosiddetta zona dei baretti. Anche al Vomero e al centro storico si rischia di brutto». Insomma, la risposta non può essere non uscire più di casa, specie dopo anni di pandemia. Ma bisogna farlo in tranquillità e la ragazza ha la sensazione che le istituzioni si mostrino per lo più quando c'è da punire, mentre la tutela della sicurezza venga trascurata: «Sacrosanto che vengano multati motorini e auto in sosta vietata, ma vorremmo lo stesso zelo quando si tratta di contrastare i fenomeni di violenza minorile, le stese e le baby gang». Giuseppe Tuccillo ha solo 4 anni in più di lei ed è già consigliere della prima municipalità. Studia legge e si dichiara «stufo, ormai non c'è più tempo per le analisi sociologiche. Assurdo pensare che per incontrare gli amici si possa andare incontro a una sparatoria, e questo solo per il fatto di essere uno che ha studiato, di non essere cresciuto nella cultura della violenza». Per lui la petizione e le attività del comitato non hanno colore politico: «Non incolpiamo direttamente Manfredi, ma gli chiediamo di far sentire la presenza dell'amministrazione».