Torre Annunziata, la nuova faida scatenata dai giovani boss: «Siamo il clan dei pedofili»

Torre Annunziata, la nuova faida scatenata dai giovani boss: «Siamo il clan dei pedofili»
di Dario Sautto
Lunedì 13 Settembre 2021, 23:00 - Ultimo agg. 14 Settembre, 17:36
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L’esplosione di una faida di camorra con più protagonisti e l’ombra di un nuovo clan in ascesa. Uno scenario inquietante, che vede Torre Annunziata divisa in diversi piccoli «Fortapàsc» contrapposti e pronti a farsi la guerra. Questo è quanto emerge dopo le diciannove ore di sangue vissute tra le 18 di sabato e le 13 di domenica.

Due agguati a stretto giro e alla luce del sole: prima il ferimento di Michele Guarro, 57 anni, affiliato alla vecchia guardia del clan Gionta, conosciuto con il soprannome «batti le manine», esattore del pizzo per i «valentini» che ha scontato una pena definitiva per estorsione; poi, all’esterno della chiesa di Sant’Alfonso, i sicari hanno ammazzato Francesco Immobile, 35 anni, pregiudicato per spaccio di droga, nipote del killer «giontiano» pentito Michele Palumbo, ma sposato con la figlia di Nicola Malvone (affiliato ai Gallo-Cavalieri) che è anche nipote di Francesco Gallo, alias «’o pisiello», il boss detenuto al 41-bis che prestò la sua villa per girare le scene di Gomorra. Le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale Antimafia (aggiunto Rosa Volpe, sostituti Ivana Fulco e Valentina Sincero), sono condotte dai poliziotti del commissariato di Torre Annunziata (dirigente Stefano Spagnuolo, vicequestori Luigi Autiero e Manuel Bruno) insieme alla Squadra Mobile di Napoli, e si concentrano su quell’intreccio di parentele tra Gionta e Gallo-Cavalieri, e in una possibile recrudescenza della vecchia faida di camorra interrotta dalla pace armata siglata dai due clan nel 2014. 

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Una possibile epurazione interna o vecchi rancori tra famiglie delle due cosche, sono solo due delle ipotesi degli investigatori, che al momento hanno deciso di mettere da parte la pista del classico botta e risposta: Guarro e Immobile non avrebbero mai avuto punti di contatto tra loro. Non è escluso, però, che Immobile sia stato ucciso nell’ambito di un «assalto» ai vecchi clan da parte dei due clan emergenti di Torre Annunziata, due gruppi di giovani leve ed ex rampolli che si sono messi in proprio, partendo dai rioni dello spaccio. Al Parco Penniniello, pur se notevolmente indebolito lo scorso anno dal blitz congiunto di polizia e carabinieri, era nato il «quarto sistema» attorno alle famiglie Balzano (detti ‘e sauriell) e Scarpa (i nipoti Cherillo), storici rivali dei Gionta. E ancora, nelle scorse settimane, nei vicoletti del centro storico tra la Provolera, il rione Murattiano e il Quadrilatero delle Carceri, l’escalation di stese, bombe e agguati falliti ha portato quasi sempre la «firma» di una gang di giovani delinquenti che si autodefiniscono il «gruppo dei pedofili», una banda armata formata da parenti di ex affiliati ai clan di zona e figli di spacciatori detenuti, cresciuti a pane e Gomorra.

Un gruppo di aspiranti camorristi, che hanno scelto un nome di battaglia a dir poco inquietante, che nelle ultime settimane si rincorrono tra i budelli dei rioni dello spaccio e sui social.

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Tutto ciò avviene a Torre Annunziata, comune con 40 beni confiscati alla camorra mai riutilizzati, la città in Italia con il più alto tasso di detenuti condannati per associazione di tipo mafioso (346 persone, quasi l’1% dei residenti): lo ha ricordato ieri il prefetto Marco Valentini durante un incontro con il «Comitato di liberazione dalla camorra e dal malaffare», nato la settimana scorsa dall’iniziativa delle diverse associazioni civiche impegnate nel sociale e nell’affermazione della legalità. Di certo, Immobile non era considerato un «pezzo da novanta», né un classico affiliato al clan Gallo-Cavalieri, ma un «soldato», tra l’altro tornato in libertà lo scorso luglio dopo tre anni ai domiciliari per spaccio di droga. Eppure è stato ammazzato come un boss, in una piazza affollata, di domenica mattina, all’esterno di una chiesa, a due passi da casa sua. Rincorso da un killer armato di una pistola calibro 7,65 (forse una Beretta), mentre un complice attendeva addirittura con una mitraglietta Skorpion, come racconta l’unico testimone che finora ha fornito qualche dettaglio agli investigatori e la cui versione è al vaglio. I sicari non si sono fermati davanti al monumento per le vittime innocenti di camorra, né davanti alla croce monumentale che domina il piazzale, e davanti alla quale è stato esploso l’ultimo degli undici proiettili. Immobile è morto durante il trasporto in ospedale. Il 35enne potrebbe essere la prima (si spera l’ultima) vittima di una pericolosa faida, scoppiata tra vicoli e palazzoni, tra degrado e ignoranza, dove è più facile comprare una pistola che trovare un libro, dove la camorra resta uno cattiva abitudine impossibile da cancellare solo con la repressione.

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