Napoli, pentito rivela: «Maikol ucciso per errore durante una stesa». Caso riaperto dopo sette anni

Napoli, pentito rivela: «Maikol ucciso per errore durante una stesa». Caso riaperto dopo sette anni
di Leandro Del Gaudio
Martedì 28 Dicembre 2021, 23:06 - Ultimo agg. 29 Dicembre, 17:03
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Un killer impunito (probabilmente a piede libero), un ragazzo ucciso mentre era al lavoro (così portava avanti la propria famiglia), un collaboratore di giustizia che decide di raccontare alcuni retroscena. E un fascicolo che riprende forza, che viene riaperto a distanza di qualche anno dalla sua archiviazione, nella speranza di fare chiarezza su uno dei tanti fenomeni criminali a Napoli: quello dei «morti per caso», tanto per usare un’espressione sofferta del pg Luigi Riello. Al centro dell’inchiesta uno dei tanti volti da incorniciare nella galleria degli «innocenti», quelli che non c’entravano niente con la camorra, ma che sono stati colpiti a morte così per caso, al balcone o in giro per le strade. Parliamo di Giuseppe Maikol Russo, un ragazzo ucciso sette anni fa in piazza Calenda, a due passi dalle mura greche e dal teatro Trianon.

Ventisette anni, sposato e padre di due figli piccoli. Era lì, all’esterno del bar, quando arrivarono i killer. Oggi c’è un primo spiraglio di luce. Non cercavano lui, non era Maikol l’obiettivo dell’agguato, perché quella che si stava consumando sotto gli occhi del giovane barista non era altro che una “stesa”.

Già, una stesa. Una scorreria armata: spari a mezza altezza per rivendicare il possesso criminale su un determinato spaccato metropolitano. Funzionava così ai tempi delle paranze e funziona ancora oggi, non solo dalle parti di Forcella. Spari senza un obiettivo preciso e poco importa se ci finisce sotto qualcuno, poco importa (almeno nell’ottica delle paranze), che qualcuno venga colpito senza un motivo, anche perché - in un’ottica gomorroide - i morti equivalgono a “punti e denaro”, da spendere agli occhi dei nemici, ma anche dei commercianti della zona, quando si tratta di andare a bussare alle porte del racket. Ed è così che venne ucciso il giovane aspirante cameriere, il ragazzo dalla fedina penale immacolata, quello che si ostinava a camminare dritto, a non fare errori, a non cedere al guadagno facile. 

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Era il 31 dicembre del 2015, quando Maikol uscì all’esterno del bar. Forse fece appena in tempo ad ammirare il via vai di turisti, a respirare un po’ di aria fresca e ad assaporare il gusto di una vita serena e onesta, ripensando alla moglie e ai due figli (che all’epoca avevano appena cinque e due anni), rivedendo la vita che aveva lasciato in Texas e in Germania, dove guadagnava bene come cameriere (mandava tutto lo stipendio a casa, hanno raccontato i parenti), ma al telefono crollava di nostalgia per i figli che crescevano senza di lui. Appena il tempo di accorgersi che quelle sagome in scooter non erano lì per festeggiare l’ultimo giorno dell’anno, per capire che non ce l’avrebbe fatta a costruire il suo sogno borghese, da ragazzo sorridente e pulito. Da allora le indagini non hanno fornito risposte. Hanno battuto strade diverse, senza sbocchi. Di recente, la svolta. Sono state riaperte alla luce di quanto raccontato nel corso dell’instancabile lavoro investigativo condotto dalla pg, sotto il coordinamento della Dda di Napoli. Un pentito ha confermato: «Fu ucciso per errore, durante una stesa...». Ipotesi al vaglio degli inquirenti, c’è la volontà da parte della Procura di Gianni Melillo di non lasciare spazi vuoti nella ricostruzione di quella stagione di violenza gratuita, di non lasciar cadere nel vuoto il grido di dolore di un intero contesto familiare. È stata la famiglia di Maikol in questi giorni a ricordare il proprio dramma: traditi due volte - spiegano - hanno ucciso un uomo che non c’entrava niente con la camorra, aspettiamo risposte dalle istituzioni». Difesi dai penalisti Marco Campora e Domenico Ciruzzi, i congiunti di Maikol chiedono di capire cosa è accaduto sette anni fa, pochi giorni prima di capodanno. 

 

Ma cosa si sa della morte del 27enne? In un primo momento, si parlò di un errore di persona, alla luce della somiglianza tra Maikol e Luigi Di Rupo, colpito a morte cinque giorni dopo a Melito. Una pista che non ha avuto riscontri, come non emergono tracce di un agguato mirato a carico del giovane dipendente del bar di piazza Calenda. Resta l’ipotesi più banale possibile: il killer era legato alle paranze dei bimbi e Maikol è rimasto ucciso per errore, anzi semplicemente per caso. 

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