«Si sentivano forti perché avevano le armi e le pistole sempre a portata di mano. Erano arroganti e minacciavano in continuazione per ottenere più denaro. Poi ho capito l'errore e ho deciso di cambiare strada». Con queste parole, e guardando nel vuoto come a ricordare i momenti difficili vissuti in questi ultimi anni, Antonio (nome di fantasia) racconta di quando faceva il parcheggiatore abusivo. Una parentesi della sua vita che ormai è finita, dopo aver capito gli errori commessi, ma che a volte torna a galla prepotentemente. Soprattutto quando ripassa per le strade in cui una volta operava. La zona era quella di piazza Dante dove, ancora oggi, i parcheggiatori continuano a lavorare indisturbati. Dove i clan fanno sentire la loro presenza e dove i più giovani, in sella ai propri scooter e forti delle armi, operano controlli capillari.
«Hanno iniziato subito a chiedermi soldi – afferma Antonio – e cifre consistenti come 200 euro a settimana, ma io gli ho detto che una somma del genere non la guadagnavo.
Una pressione continua insomma che veniva esercitata ogni giorno. Dal parcheggio abusivo alle estorsioni. Un vortice di illegalità senza fine, alimentato da ragazzini senza regole e senza scrupoli a cui Antonio non vuole dare una identità precisa. Quando gli viene chiesto se fossero appartenenti a qualche clan della zona risponde così: «Di questo non voglio parlare. Si può capire come vanno le cose e basta solo guardarli. Avevano tra i 17 e i 20 anni e questa è la cosa più sconvolgente. Io sono riuscito a tirarmene fuori, ma c'è chi continua a vivere in questo modo e circondato dalla paura. A queste persone dico che bisogna cambiare mentalità e guadagnarsi il pane onestamente. Ai nostri figli dobbiamo insegnare a rispettare le regole dandogli i giusti esempi. Per combattere questo sistema di illegalità, bisogna rimboccarsi le maniche e agire con gli strumenti della legge e del lavoro».