Napoli, l’ira dei pazienti no Covid: «Noi, in barella tra i carrelli delle pulizie»

Napoli, l’ira dei pazienti no Covid: «Noi, in barella tra i carrelli delle pulizie»
di Maria Pirro
Giovedì 3 Dicembre 2020, 23:30 - Ultimo agg. 4 Dicembre, 10:41
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«Almeno non sistemateci tra i carrelli delle pulizie». È quasi una preghiera, quella dei pazienti in barella al Cardarelli, trasferiti nel nuovo reparto di ammissione per i casi non Covid, ricavato al piano zero, nell’ex centro anti-veleni. A raccogliere le lamentele, trasformandole in una denuncia inviata alla direzione dell’ospedale, è il consigliere regionale Francesco Emilio Borrelli, che riporta in forma anonima la testimonianza di un degente entrato il 27 novembre per una colica renale che, dopo un paio di giorni, ha firmato le dimissioni: «Non riuscivo più a restare in quelle condizioni, con le luci accese nel corridoio era impossibile anche dormire». E ha aggiunto questa considerazione: «Mi rendo conto che siamo in piena emergenza e la situazione è grave dappertutto, ma credo che i pazienti debbano essere rispettati e avere dignità e non essere sistemati tra i carrelli e le attrezzature per la pulizia». 

Non un’accusa agli operatori sanitari. «Fanno quel che possono e anche di più - la sua testimonianza -, è strepitoso il loro spirito di sacrificio ma non possono lavorare in queste condizioni, servirebbe molto più personale».

Al documento è allegata, però, una fotografia che mostra quanto dichiarato. «Ciò che mi lascia basito - afferma Borrelli - sono le condizioni di degrado e di poca dignità in cui vengono lasciati i pazienti in questa situazione specifica». Di qui la domanda rivolta al manager: «Che ci faceva quel carrello delle pulizie in mezzo ai pazienti sulle barelle? L’emergenza non può essere una scusante per essere negligenti e poco attenti».

Il direttore generale del Cardarelli, Giuseppe Longo, replica: «Ho disposto un approfondimento sulla vicenda, affidandolo alla direzione sanitaria e al bed manager dell’ospedale con l’obiettivo di fare chiarezza su eventuali negligenze e, nel caso, intervenire». Nel reparto, un altro problema è il sovraffollamento. «Venti i posti, tutti occupati, più undici lettighe in giornata aggiunte nei corridoi con i pesanti e inevitabili disagi. E, nel pomeriggio, altri pazienti sono stati dati in arrivo dal pronto soccorso; mentre la tenda per i malati colpiti dal Coronavirus al momento è rimasta vuota. Fortunatamente», certifica Salvatore Siesto, della Rsu, che sollecita un incontro per migliorare l’assistenza. 

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 «Non serve la convocazione dei sindacati dopo aver realizzato gli interventi: è importante una maggiore sinergia per affrontare le tante questioni irrisolte». Ma, come sottolinea il segretario della Cisl Fp Napoli, Luigi D’Emilio, «il Cardarelli resta baluardo, vero riferimento per tutte le emergenze sanitarie, anche perché sono stati chiusi due pronto soccorso per accogliere i pazienti Covid, il San Giovanni Bosco e il Loreto Mare che fino alla pandemia hanno avuto quasi 90mila accessi all’anno. E questo, dopo aver già fermato San Gennaro, Ascalesi, Incurabili e Annunziata». Franco Verde, vice segretario aziendale Anaao Assomed (sigla dei medici), definisce «scellerata la scelta di aver reso il Cardarelli anche Covid Center: è una decisione che rischia di far morire l’azienda ospedaliera». In una lettera inviata al manager, il sindacalista sostiene che la struttura è inadeguata per tale funzione e che sarebbe stato più utile costruire «un prefabbricato nell’ex campo sportivo da adibire come padiglione Covid, o convertire il padiglione F. Ma ai rappresentanti dei lavoratori non è mai stata data la possibilità di prospettare una soluzione: ci sono pervenute solo comunicazioni a cose fatte di interventi». Verde bacchetta la Regione («Latita»), cita la Puglia come modello («La Fiera del levante attrezzata con 450 posti Covid, lavori fatti in 45 giorni per 8 milioni e mezzo»), sottolinea la carenza di personale («Basta con il precariato, sì alle assunzioni, c’è uno squilibrio assoluto»). E invita a «rendere pubblici i dati reali sui dipendenti contagiati in corsia». 

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