Racket a Napoli, affondo della Dda: «Cinquecento vittime, zero denunce»

Racket a Napoli, affondo della Dda: «Cinquecento vittime, zero denunce»
di Leandro Del Gaudio
Martedì 19 Aprile 2022, 23:50 - Ultimo agg. 20 Aprile, 15:56
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Cinquecento vittime di estorsione, nessuna denuncia. Un esercito di commercianti indicati come target di richieste estorsive, che hanno preferito rimanere a casa, rinunciando a costituirsi parte civile. È andato avanti in questo modo, il processo a carico di quaranta imputati, tutti ritenuti responsabili di aver preso parte ai clan che controllano il malaffare tra Melito e Mugnano. Gup Cervo, rito abbreviato, vibrano le accuse mosse dal pm anticamorra Vincenza Marra, contro presunti ex esponenti degli Amato-Pagano, i cosiddetti scissionisti della faida di Secondigliano. 

Un procedimento condotto nel chiuso dell’aula bunker del carcere di Poggioreale, in uno scenario scandito da silenzio che sa di omertà e di compromesso.

Restiamo ai numeri, al termine delle indagini della Dda: sono cinquecento i commercianti taglieggiati, almeno secondo le ricostruzioni fatte in questi anni dalle forze dell’ordine, ma non è venuta fuori alcuna denuncia da parte degli esercenti. Neppure quando sono stati messi con le spalle al muro, grazie a intercettazioni o verbali di collaboratori di giustizia. Silenzio di fronte all’evidenza, come emerge dall’ultima udienza interamente dedicata alla richiesta di pene da parte del pm: «Non ci sono esponenti delle istituzioni locali, a cominciare dalle giunte comunali dei due Municipi interessati; non ci sono parti offese; né gli esponenti delle associazioni che negli anni scorsi hanno svolto un ruolo di sostegno delle attività della magistratura». 

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Tutto fermo, tutti zitti, tanto che è stato lo stesso pm a ricordare le uniche due voci ascoltate in questa storia: a formulare denunce, sono stati un carabiniere che era stato raggiunto da richiesta di estorsione per alcuni lavori edili organizzati all’interno della sua abitazione; e un commerciante, che - autentica mosca bianca - ha avuto il coraggio di chiedere giustizia, sporgendo formale denuncia. Ma conviene restare al primo caso, quello del militare taglieggiato dalla camorra degli scissionisti. Ovviamente, gli estorsori non erano al corrente del suo status di militare, credevano di avere di fronte un comune cittadino quando hanno bussato alla sua porta. Minacce e intimidazioni, poi la richiesta: se volete aprire il cantiere per ristrutturare casa vostra, dovete mettervi apposto, altrimenti vi arrivano i vigili addosso, poi ve la vedete con noi. Ed è questa una delle caratteristiche del racket descritto nelle carte dell’antimafia: ci sarebbe stato un patto tra alcuni esponenti dei vigili urbani e boss locali, per imporre il pizzo, sia in soldi che in materia di forniture. Ovviamente, di fronte alle richieste di “mettersi apposto”, il militare non ha perso tempo e ha sporto denuncia, consentendo di aprire verifiche sulla piovra estorsiva radicate nei comuni dell’asse mediano. Tutti zitti i commercianti costretti a comprare i gadget della camorra. Ma chi sono i soggetti che rischiano condanne durissime? Restiamo alle posizioni che hanno scelto il giudizio abbreviato. Il pm Marra ha chiesto una condanna a 16 anni di reclusione per Antonio Papa, ex responsabile della confcommercio di Melito (è difeso dal penalista Celestino Gentile); dieci anni di reclusione per Fortunato Murolo, parente di Elio Amato (a sua volta indicato come presunto esponente di vertice degli Amato Pagano), ritenuto come cassiere dell’organizzazione; sei anni per Massimiliano Aricò, 12,6 per Sebastiano Aruta; 5 anni Rosario Balido; 14 anni per Salvatore Chiariello; 12, 6 per Claudio Cristiano; 8 anni per Domenico Di Girolamo; 6 anni e tre mesi per Luciano De Luca, 8 anni per Maria De Luca; 8 anni per Domenico De Mase; 9 anni per Raffaele De Panicis; 6,6 per Giuseppe Liccardo; 7,6 per Vincenzo Maglione; 14 anni per Gianni Marco Maisto; 6,6 per Amedeo Manzo; 14 anni per Antonio Miliardi; 13,4 per Giuseppe Pellecchia; 10 anni per Michele Riso; 12 anni per Salvatore Roselli; 12,6 per Andrea Severino; 10 anni per Giuseppe Sinistro; 12,6 per Raffaele Tortora; 6,6 per Nicola Schiavone. In tanti, sono finiti a giudizio per il rito ordinario, dinanzi a un collegio dove - si spera - ci saranno in aula anche le istituzioni locali e le associazioni a difesa di commercianti e cittadini.  

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