Piscinola, corteo per il vigilante ucciso. La famiglia: «Ci aspettavamo più partecipazione»

Piscinola, corteo per il vigilante ucciso. La famiglia: «Ci aspettavamo più partecipazione»
di Paola Marano
Sabato 31 Marzo 2018, 14:03 - Ultimo agg. 14:08
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«In memoria di Francesco della Corte, vittima innocente del lavoro». Recita così la targa esposta stamattina nella fermata della metropolitana di Piscinola, proprio dove il tre marzo scorso la guardia giurata, per gli amici Franco, veniva aggredito a colpi di bastone da un gruppo di ragazzi, per poi perdere la vita circa due settimane dopo.
 


Fresie bianche, striscioni e un cielo grigio hanno accompagnato il corteo di solideriatà che è partito da piazza Tafuri e ha percorso il tragitto fino ai cancelli davanti ai quali Franco è stato brutalmente colpito. Poco più di un centinaio di persone. Molti i colleghi della vittima, qualche rappresentante delle istituzioni, come il vicesindaco di Napoli Raffaele Del Giudice e il consigliere regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli, e i parenti. La sorella Anna, i figli Marta e Giuseppe, la cognata Matilde. Sono loro a chiedersi «dove è Piscinola?». Si aspettavano una risposta diversa, più partecipata, dal quartiere e dalla città tutta. E non ne fanno mistero.

«Abbiamo visto gente affacciata alle finestre, che magari addirittura riprendeva con i telefonini – dice Matilde Pasticci, cognata di Francesco Della Corte – su uno striscione hanno scritto siamo tutti Franco. Noi siamo Franco. Qualcuno giustifica la mancanza di partecipazione con il fatto che oggi è un sabato particolare. Appunto per questo si doveva dimostrare ancora di più. Io sono convinta che le brave persone ci sono, però dovevano essere con noi e non ci sono state».
 
E’ dalla voce della sorella di Della Corte, Anna, che arriva l' appello alla giustizia e a leggi più severe per i minori che commettono reati gravi: «La verità deve venire fuori, la mia speranza è che cambi la legge per minori che devono essere condannati come accade per gli adulti. Non bisogna avere pietà, la stessa che loro non hanno avuto con mio fratello». 

«Bisogna partire dall'educazione e dalla famiglia» dicono invece Marta e Giuseppe, i figli di Franco, mentre cercano di trattenere la commozione. Marta, 21 anni,  studia giurisprudenza, da grande sogna l'avvocatura o la magistratura. Racconta che il padre sapeva benissimo di lavorare in una zona a rischio, «ma non poteva essere preparato a una violenza così immotivata». Giuseppe invece non può fare a meno di passare davanti ai cancelli e immaginare la scena dell'aggressione e Franco che cerca disperatamenbte soccorso.

Resta un tema, quello della sicurezza dei vigilanti sui luoghi di lavoro: «Non si può risparmiare sulla nostra pelle - spiega con gli occhi gonfi di lacrime Michele Onorato, collega di Franco - domani noi padri faremo la benedizione alla tavola pasquale con i nostri figli e Francesco invece non potrà». 

 

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