Paola Vitaglione, ricercatore in nutrizione umana del dipartimento di Agraria della Federico II ha provato a sciogliere il nodo senza dare, alla fine, una risposta definitiva. Alla platea dei pizzaioli e degli operatori intervenuti oggi alla Convention 2015 dell'Associazione verace pizza napoletana (Avpn) presieduta da Antonio Pace, alla fine, ha detto che la scienza si esprimerà sui nuovi standard di una pizza a base integrale. Nel frattempo ognuno segua il cuore ed il palato. La pizza è un gran piatto in ogni caso.
Innovare va bene, dice la nutrizionista. Ma nel caso dell'utilizzazione di farine integrali questo vorrà dire sicuramente impasti meno elastici rispetto ai tradizionali e che necessitano di tempi di lievitazione e maturazione diversi.
Innovare richiede il rispetto dei parametri sensoriali che caratterizzano la Verace nel mondo. Tuttavia l'Avpn, è stato spiegato durante le assise alle quali partecipano un centinaio di pizzaioli e operatori aderenti provenienti da diversi Paesi (sono 520 gli affiliati in 28 nazioni), non si chiude al 'nuovo' e ha creato un gruppo di lavoro per verificare fino a che punto l'aggiunta di fibre altera le caratteristiche tecniche dell'impasto come elasticità, tempi di lievitazione, maturazione.
«Sarà la scienza - dicono - a dirci tecnicamente cosa fare». Massimo Di Porzio, vice presidente dell'Avpn, aggiunge: «La tradizione della Verace pizza garantisce un'alimentazione equilibrata durante l'arco della nostra vita essendo anche il prodotto principe della dieta mediterranea.
In ogni caso prioritaria è la formazione degli operatori e dei consumatori attraverso incontri e corsi di approfondimento sulle tecniche di lavorazione e le materie prime legate alla filiera della pizza napoletana».