Procura di Napoli, le due vite dell’impiegato infedele: «Vendeva “soffiate” e organizzava raid»

Informazioni segrete su sequestri e nomi di magistrati rivelati

La Procura di Napoli
La Procura di Napoli
di Giuseppe Crimaldi e Leandro Del Gaudio
Martedì 17 Ottobre 2023, 23:57 - Ultimo agg. 18 Ottobre, 18:57
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Una talpa in Procura. È pesantissima l’accusa che i pm della Dda contestano a Gennaro Rizzo, 67enne dipendente amministrativo del ministero della Giustizia. L’uomo, che alcuni mesi fa, aveva subìto anche una perquisizione domiciliare, è adesso in cella a Poggioreale con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.

Un “programma spia” inviato dal Ros dei carabinieri con un sms sul suo telefonino diventa l’accusatore numero uno.

Sconcertanti i contenuti di numerose conversazioni che l’autista ha per anni intrattenuto con pregiudicati, camorristi e personaggi a dir poco sospetti. 

Mario Castelli, consulente finanziario arrestato ieri nell’ambito dell’inchiesta, chiama Rizzo:
Castelli - «Zio Genny, ciao»
Rizzo - «We amore, io mò sto uscendo dalla segreteria di Giuliano, ho parlato con la polizia giudiziaria e niente ... ho fatto lo gnorry no? Ho detto: sono stato con mia moglie e con mia sorella al bingo a giocare al bingo, e siccome ci sta l’amministratrice che ha l’auto sequestrata, si potrebbe sapere il motivo? Mi ha risposto: stiamo parlando del bingo di Giugliano? E dille che lo sa sicuramente perché è stata sequestrata, lei lo sa...». Una informazione che l’autista giudiziario della Procura di Napoli avrebbe ottenuto entrando all’interno della cancelleria di un pm impegnato proprio nella procedura di sequestro della sala giochi. Strategie che sarebbero state utili per offrire maneta di scambio sul piatto della collusione con la camorra cittadina.

15 febbraio 2019, i carabinieri intercettano i colloqui di una riunione alla quale partecipano lo stesso Castelli, Rizzo e gli imprenditori Gennaro e Alessandro Nocera. Dall’ascolto delle conversazioni emerge chiaramente «il coinvolgimento di Rizzo nell’organizzazione di una rapina a mano armata ai danni di un facoltoso imprenditore presso la sua abitazione, luogo in cui lo stesso occulterebbe milioni di euro all’interno di diverse casseforti”. L’autista si rende disponibile a reclutare persone di fiducia e soprattutto idonee a portare a termine la rapina, vantando tra i suoi contatti anche un “poliziotto”. È decisamente uno dei capitoli più spinosi dell’inchiesta condotta a Napoli contro i presunti esponenti del clan Di Lauro. Si fa infatti riferimento a una azione di forza, con tanto di mitra, organizzata per colpire un facoltoso imprenditore. Parole agghiaccianti agli atti, rispetto alle quali è doveroso attendere la versione dell’impiegato finito in manette. Ma a corroborare la familiarità dell’autista dei pm della Procura con ambienti vicini ai Di Lauro c’è poi l’intercettazione nella quale Rizzo manda gli auguri di buona Pasqua a “Enzo” (Vincenzo Di Lauro). 

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Granata: «Pronto»
Rizzo: «Siete ancora a tavola in pizzeria?»
Granata «Eh sì»
Rizzo: «Dacci... Passa... Dai tanti auguri al signor Enzo. E senti una cosa: ma Fratello? (ndr probabilmente si riferisce al sostituto procuratore Antonella Fratello della Dda di Napoli) ti dice niente?». 
Castelli: «No!» 
Rizzo: «È una di quelle nuove che fa quelle zone là. Senti, comunque Mario, senti a zio, ma comunque state un pò in campana. Occhio sempre perché si sta lavorando un poco... Però non è nulla di quello allarmante che dice lui...».
E il capitolo divise sospette non è finito. Sono ancora le intercettazioni ricavate attraverso un trojan a chiarire il punto. Nelle quasi duemila pagine di ordinanza, ci sono due indagati che dicono: «Io avevo due finanzieri, avevo due doganieri e stavo io. Io ero quello che le caricava, veniva il camion, glielo caricava e se ne andava. Usciva fuori...». Una conversazione che riguarda possibili traffici di sigarette. 

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