«Pronto Soccorso Vanvitelli, ora lo sprint della Regione»

Il direttore generale del Policlinico: «Per mitigare i numeri delle urgenze avviare la rete delle case di comunità»

Ferdinando Russo
Ferdinando Russo
di Ettore Mautone
Giovedì 17 Agosto 2023, 11:05
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«Per sciogliere il nodo dei pronto soccorso affollati, per mitigare la penuria di personale sanitario nelle prime linee dei grandi e piccoli ospedali e per realizzare compiutamente il riordino dell'assistenza territoriale, l'unica ricetta che può funzionare è la presa in carico reale dei pazienti cronici, anziani affetti da disabilità e varie fragilità», spiega Ferdinando Russo direttore generale dell'azienda ospedaliera universitaria del policlinico Vanvitelli.

Come si viene a capo della progressiva ingovernabilità dei pronto soccorso di Napoli e della Campania?
«È da anni che si discute delle difficoltà dei nostri principali presidi di pronto soccorso e della inadeguatezza del sistema di cure territoriali.

Ogni attenta analisi conduce inevitabilmente a considerare le cause socio-economiche legate alla transizione demografica ed epidemiologica (aumento della popolazione anziana, conseguente aumento delle malattie croniche). Il principale indicatore di tale condizione è il sovraffollamento dei Pronto Soccorso, in particolare nelle città e nelle aree metropolitane ad alta densità abitativa. Bisogna approfondire l'analisi e guardare soprattutto ai dati riguardanti la tipologia dei ricoveri in urgenza».

E dunque?
«I dati indicano che il 75-80 per cento dei ricoveri (urgenti ma anche programmati) riguarda pazienti cronici. Oggi circa il 40 per cento della popolazione è affetta da almeno una patologia cronica. Questo dato fornisce la misura del tipo di domanda di salute espressa e della relativa complessità legata a situazioni di multi-morbosità e delle fragilità. Per far fronte a questa complessità si deve necessariamente avviare una revisione delle logiche organizzative e gestionali e dare impulso a innovazioni nei processi delle relazioni interprofessionali riguardanti, in modo orizzontale i medici di medicina generale, gli specialisti ambulatoriali e i medici ospedalieri».

E il pronto soccorso della Vanvitelli? È al palo dopo molti annunci e alleggerirebbe il peso sul Cardarelli.
«I lavori sono completati. Mancano alcuni arredi che non sono la stessa cosa di reparti ordinari. Sul fronte della programmazione regionale c'è stata un'accelerazione negli ultimi mesi dopo la paralisi dovuta al Covid e tutto dovrebbe concretizzarsi nelle indicazioni regionali nel nuovo protocollo d'intesa. Ma senza la gestione dei cronici non c'è offerta che tenga».

Insomma serve una riforma dell'assistenza territoriale: ma a questo non dovrebbero puntare le strutture, case e ospedali di comunità, programmate col Pnrr?
«Certamente non si può immaginare, in questo periodo, visti i tempi contingentati degli obiettivi del Pnrr, un rinnovamento degli asset di tutte le articolazioni della medicina territoriale ma certamente si può lavorare sui processi organizzativi e professionali».

In che senso?
«I medici di famiglia, gli specialisti ambulatoriali, i servizi dei distretti, i team dell'assistenza territoriale dovrebbero iniziare a confrontarsi e a parlare tra loro in tavoli di lavoro superando i meri steccati rivendicativi di stampo sindacale».

Per esempio?
«Un diabetico, che abbia anche una malattia degenerativa retinica prima di finire in ospedale per un ictus o un distacco di retina deve poter contare su un'offerta distrettuale misurata sui suoi bisogni e multiprofessionale, ben organizzata e potenziata con l'uso delle tecnologie digitali in grado di seguirlo durante tutta la vita in base all'evoluzione della sua malattia che, essendo cronica, non guarirà mai».

Difficile a farsi.
«Io a Caserta avevo strutturato un'offerta del genere. Nei distretti avevo ad esempio dislocato apparecchiature tecnologiche anche sofisticate con l'Otc che servono a preparare la terapia intravitreale dei pazienti affetti da degenerazione maculare dell'anziano. Un'offerta pubblica e senza liste di attesa che però presuppone l'organizzazione di una day surgery di buon livello. Così per altre patologie e specialità come il diabete, la cardiologia, la pneumologia, l'otorino, l'endocrinologia e tante altre».

Per estendere questi modelli come bisogna procedere?
«La Regione ci sta lavorando molto così come i miei colleghi manager. Dopo una segmentazione dei bisogni in base alla prevalenza delle varie malattie croniche, si può lavorare, con team multidisciplinari, su platee omogenee di popolazioni per raggruppamenti di patologie».

Per fare cosa?
«Arrivare a un reale processo di presa in carico dei soggetti affetti da patologie croniche, con tutti gli effetti positivi legati al governo clinico delle patologie, come la riduzione delle riacutizzazioni e quindi degli accessi impropri ai Pronto soccorso. Una prima sperimentazione di questo tipo, nel settembre 2020, è stata realizzata nella Asl di Caserta con i Chronic Care Center».

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