Sms in inglese e telefonate con i narcos «Hanno trovato la roba nella sangria»

Sms in inglese e telefonate con i narcos «Hanno trovato la roba nella sangria»
di Viviana Lanza
Sabato 21 Novembre 2015, 02:14 - Ultimo agg. 6 Novembre, 09:00
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Il mondo di Genny 'a carogna, all'anagrafe Gennaro De Tommaso, non era fatto solo di spalti e cori da stadio, di tifoseria e stile ultrà. Dagli atti dell'inchiesta che lo vede tra i principali indagati e da ieri in una cella del carcere di Secondigliano, emerge anche un altro mondo, un'altra vita. Quando non era allo stadio a guidare il tifo dei Mastiffs, Genny era in volo tra Napoli e Amsterdam, o al telefono e ai tavoli delle trattative con trafficanti di droga internazionali a concordare con zii e cugini i termini di ciascun affare. Questa, secondo le accuse, sarebbe la doppia vita di Genny 'a carogna almeno nel 2010, periodo in cui si concentrano le indagini. Gli inquirenti lo hanno inserito nel gruppo di famiglia. Lo zio Giuseppe De Tommaso, pure in carcere per le stesse accuse, era nella cosiddetta «sporca dozzina», quella di cui hanno parlato gli ex boss di Forcella e del rione Sanità, i Giuliano e i Misso, i «grossisti» della droga in città. Il 18 giugno 2010 Genny è al telefono con lo zio Giuseppe detto «Peppe l'assassino»: «Non ti preoccupare, mi sono visto io… » lo rassicura.

È intercettato, Genny, mentre conforta i suoi che sono rimasti a Napoli e gli conferma che il fermo in Olanda del cugino Gennaro detto Pepesce non ha messo in pericolo il carico. Spiati per mesi anche gli sms scritti in un inglese non sempre fluido e inviati alla narcos olandese che si faceva chiamare Kim. «Yu worc mi» scrive Gennaro Pepesce. È uno dei primi di una serie di contatti, sosterranno gli inquirenti per rafforzare l'accusa di traffico internazionale di stupefacenti. Il compito di Genny sarebbe stato quello di trattare con l'autista di fiducia che si occupava di far viaggiare i carichi di marijuana dall'Olanda alla Campania, e con il titolare di un'azienda bufalina a Grazzanise che metteva a disposizione i locali della ditta per stoccare la droga appena arrivata dall'estero. Genny avrebbe curato anche i rapporti con qualche mediatore in contatto con gli acquirenti della droga, ossia i gruppi di spacciatori che vendevano al dettaglio e garantivano le consegne a domicilio ai loro clienti insospettabili (baristi, dentisti, studenti, professionisti vari) nei vari quartieri della città, dal Vomero al rione Traiano, da Pianura a Fuorigrotta.



Era in Olanda, Genny, il 22 giugno 2010. Il giorno prima c'era stato un grosso sequestro nell'azienda bufalina: 21 scatoloni con 115 involucri, 141 chili di marijuana e quasi 22 di hashish. Genny vuole assicurarsi, prima di rientrare a Napoli, che non ci siano pericoli. «Comincia a fare questo fatto perché è importante… non so neanche se vengo, se è successo qualcosa, capito… » dice ad Annamaria Amitrano, tra i 61 indagati a piede libero, lasciando intendere che all'esito del sopralluogo era subordinata la sua decisione di rientrare. Incarica la donna di vedere che aria tira nei luoghi di ritrovo abituali, l'azienda di Grazzanise e l'area di sosta davanti a un distributore sulla statale Appia, sempre nel Casertano.



«Tu obbligatorio devi passare anche per il grosso… E vedi pure se lì davanti è successo qualcosa o no» e si raccomanda «non parlare a nessuno e non parlare con nessuno». Le telefonate si susseguono. «Allora il posto nostro l'hai visto tu?... Dove stanno le mucche… hai visto dove stanno le mucche? ». Nelle intercettazioni c'è anche un riferimento al suo interesse per il calcio. «Va buono ja…stai vedendo la partita?». È il pomeriggio del 20 giugno 2010 e l'Italia gioca una partita dei Mondiali in Sud Africa.

Genny è davanti alla tv ma sembra non perdere di vista quelli che gli inquirenti definiscono gli affari di famiglia. Parla con lo zio Gaetano. «Eh… fammi dare il numero di qualcuno di Francuccio». «No, va buono quello domani mattina si mettono d'accordo, ci sta il colloquio». Numerose le intercettazioni agli atti. I De Tommaso parlavano tra di loro senza chiamarsi troppo spesso per nome, preferendo il vezzeggiativo di «‘o splendido». Per gli stupefacenti e i quantitativi da mobilitare usavano invece un linguaggio convenzionale: magliette, documenti, caffè tra i termini più usati. Anche i loro acquirenti usavano parole in codice e sono stati a lungo intercettati. In 23 , durante i mesi di indagini, sono stati arrestati in flagranza di reato. Qualcuno faceva affari anche in Spagna.