«Scuole, in caso di scossa siamo soli»: l'appello al prefetto di 35 presidi napoletani

La dirigente Albina Arpaia: «Zero coordinamento, non tutti gli istituti hanno aree di raccolta sicure»

Albina Arpaia, preside delle scuole Leopardi e Doria a Fuorigrotta
Albina Arpaia, preside delle scuole Leopardi e Doria a Fuorigrotta
Paolo Barbutodi Paolo Barbuto
Mercoledì 4 Ottobre 2023, 00:00 - Ultimo agg. 07:20
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Hanno incrociato le loro preoccupazioni sulla chat dei dirigenti scolastici napoletani, hanno condiviso la tensione della responsabilità di gestire migliaia di studenti di fronte a un evento sismico, hanno chiesto al Comune di aprire un canale di collegamento diretto con la Protezione Civile, ma per adesso non hanno avuto ancora risposte, così hanno pensato di rivolgersi direttamente al Prefetto: sono 35 dirigenti scolastici dell’area rossa, Fuorigrotta, Bagnoli, Pianura, Soccavo che hanno firmato una lettera accorata, chiedendo ascolto. A mettere assieme il gruppo, che è destinato ad allargarsi, è stata Albina Arpaia, dirigente del «Leopardi» e della «Doria» a Fuorigrotta.

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Cosa vi ha spinto a chiedere un confronto con il Comune e, poi, anche con il Prefetto?
«La sensazione di abbandono che proviamo tutti noi di fronte ad un evento così immanente e assolutamente imprevedibile».

Ma in ogni scuola esistono piani di evacuazione, sono previste esercitazioni.
«Vero, però ci sono momenti in cui bisogna prendere decisioni rapide e determinanti, come in caso di scossa durante l’orario delle lezioni, e quelle decisioni non possiamo prenderle senza aver avuto un confronto con autorità scientifiche e amministrative capaci di darci direttive, di comprendere la situazione».

Auspicate semplicemente un confronto.
«Anche un confronto, ma non solo.

Nella lettera abbiamo scritto che manca sia un coordinamento con la protezione civile che un canale di comunicazione dedicato. Abbiamo auspicato un incontro di tutti i responsabili dei servizi di protezione e prevenzione degli istituti, con i referenti dei Sat e con tutte le figure di sistema che possano aiutare chi lavora nelle scuole a gestire situazioni emergenziali, anche attraverso la definizione di un protocollo di intervento comune. Sono ». 

Chiedete un canale diretto con la Protezione Civile, innanzitutto.
«Sappiamo che in altri comuni c’è già, ed è utilissimo, consente ai dirigenti scolastici di avere certezze che noi non abbiamo. Dopo la scossa dell’altra sera, ad esempio, noi dirigenti di Napoli per conoscere la magnitudo e gli eventuali danni registrati, abbiamo dovuto cercare notizie online. Un canale diretto ci avrebbe consentito di avere notizie immediate e, magari, di sapere anche se l’indomani avremmo potuto serenamente accogliere gli studenti».

Mancano anche aree adeguate di raccolta in caso di evacuazione.
«Non tutti gli istituti hanno cortili interni dove radunare gli studenti. In alcuni casi bisogna portarli nella strada prospiciente l’ingresso della struttura. È corretto in caso di emergenza? Bisogna che qualcuno ci aiuti a decidere cosa fare e come farlo».

Sembrano richieste legittime. Perché non c’è stata risposta?
«Non voglio cadere nel tranello della polemica, penso che i problemi siano tanti in questo momento e un po’ di ritardo nella risposta sia comprensibile. Però noi abbiamo fretta perché gli eventi sismici si susseguono a ritmo sempre più serrato».

Gli studenti, dai bimbi a quelli più grandicelli, mostrano paura?
«C’è tanta apprensione nell’aria, soprattutto nei quartieri più vicini alla zona sismica. È normale che ci sia un po’ di tensione nelle aule. Io, per i miei istituti, ho già previsto prove di evacuazione nelle prossime giornate, in modo da essere sempre pronti a reagire in caso di emergenza reale».

I genitori sono sereni?
«Cerchiamo di coinvolgerli. io, almeno, faccio così. Ho già tenuto riunioni collegiali con tutti i docenti e tutti i genitori. Abbiamo parlato delle possibili emergenze e, soprattutto, del fatto che correre in auto a prendere i figli a scuola sarebbe deleterio, causerebbe solo altro caos. Ecco, anche questo è un punto sul quale ci sarebbe bisogno di confronto con la Protezione Civile».

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