Incubo terremoto a Napoli: «Le nostre vite sospese, ​ora dormiamo in auto»

Le difficoltà degli anziani: «Nonna è allettata, ad ogni scossa la portiamo fuori con la sedia a rotelle»

Notte in strada per gli abitanti di Bagnoli
Notte in strada per gli abitanti di Bagnoli
Paolo Barbutodi Paolo Barbuto
Martedì 3 Ottobre 2023, 23:33 - Ultimo agg. 5 Ottobre, 07:22
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Nella zona di via Pisciarelli, quella dove l’altra sera il crollo di calcinacci ha fatto esplodere la tensione, la gente non ha voglia di parlare e mostra solo rabbia, tanta rabbia: «Basta, se devono evacuarci lo facciano subito, ma devono darci anche nuove case dove vivere», urla una donna da lontano che poi rifiuta di fermarsi a raccontare le sue ansie. Per tuffarsi nel mondo della paura strisciante, della preoccupazione costante, del timore dell’ignoto che si manifesta scuotendo il suolo e i palazzi, bisogna invece passeggiare per le strade di Bagnoli, abbastanza vicina alla zona epicentrica delle scosse da percepirne tutta la potenza, abbastanza distante da poter affrontare i giorni del sisma mostrando una (finta) serenità.

Di primo acchito è necessario mescolarsi alle persone senza denunciarsi come giornalista, per origliare le chiacchiere delle donne e degli uomini mentre sono in coda al fruttivendolo, davanti alla filiale della banca, mentre spingono il passeggino per regalare una boccata d’aria ancora estiva ai cuccioli: tutti, nessuno escluso, parlano del “mostro”, del terremoto, della necessità di allontanarsi, del silenzio delle autorità che dovrebbero far sentire forte una voce rasserenante e che, invece, si perdono in mille chiacchiere spesso contrastanti fra loro.

Claudia e Giovanna camminano con un sorriso che sembra irreale nella giornata delle grandi preoccupazioni: «Cosa dovremmo fare? Non possiamo tentare di contrastare la natura, dobbiamo sperare che sia clemente e non ci aggredisca con una potenza ancora più intensa. Nel frattempo cerchiamo di andare avanti fingendo che tutto sia normale». Claudia è di Fuorigrotta, Giovanna di Bagnoli, dopo ogni scossa si sentono al telefono: «Ci confortiamo e ci diamo appuntamento per il giorno successivo per scacciare la paura assieme e vivere una giornata normale, se può esserci normalità in questi momenti». Filosofia identica a quella di Pietro Camerlingo che ha qualche anno sulle spalle, una testa canuta e un sorriso dolcissimo: «Che volete che faccia? Alla mia età non ho la forza di scappare di casa quando arriva il terremoto. Aspetto che passi, poi torno a dormire. Tanto se deve succedere, succede lo stesso, anche se io resto sveglio a preoccuparmi». 

Paolo Castaldi sta per inforcare il suo ciclomotore, nel pomeriggio andrà a prendere servizio in Asìa come ogni giorno, ha occhiaie profonde: «Stanotte non abbiamo chiuso occhio. Dopo la scossa siamo rimasti svegli fino all’alba in attesa del successivo sisma. Abbiamo anche sentito con chiarezza il sommovimento che c’è stato intorno alle due di notte, e dopo quel momento gli occhi sono rimasti sbarrati. Certo, questa situazione influenza anche la vita quotidiana, ma come si fa a resistere alla paura quando vieni assalito?». Paolo sorride mentre si allontana, ma lo sguardo pieno di sonno tradisce tutta la sua tensione. 

Giovanni Sarnelli allarga le braccia e racconta la quotidianità della vita piena di sussulti che gli viene regalata dai Campi Flegrei: «Al primo segnale di terremoto lasciamo immediatamente la casa e andiamo a cercare rifugio davanti alla ex base Nato, un’area ampia e priva di edifici dova siamo certi che non potrà accaderci nulla».

Con Giovanni si danno appuntamento in quel luogo sicuro centinaia di bagnolesi: «È una specie di appuntamento, una maniera per condividere questi momenti estremamente complessi della vita. Ci raduniamo lì, ormai ci conosciamo tutti. Parliamo. E parlando ci rassereniamo perché proviamo a pensare al futuro, un futuro che non sarà così pieno di preoccupazioni». Interviene una donna anziana: «Ma quale futuro? Dobbiamo pensare al presente e cercare di salvarci da questa tragedia che ci sta colpendo». Giovanni torna serio: «È vero, non c’è nulla da fare, non abbiamo possibilità di reagire, siamo costretti a restare in attesa degli eventi, anche perché mi sembra che le autorità non abbiano idee chiare sul futuro nostro e dell’intera zona rossa. Speriamo solo nella clemenza del bradisismo, speriamo che la situazione gradualmente torni serena, così come è successo negli anni ‘80».

Salvatore è un ragazzo dagli occhi vivaci, la barba nasconde la smorfia di preoccupazione che si disegna spesso sulle sue labbra. Incrocia una conoscente che gli chiede: come va? Lui sorride e risponde: «Siamo vivi». Salvatore vive nel cuore di Bagnoli assieme alla famiglia, in casa c’è anche la nonna che non riesce a muoversi autonomamente: «È allettata. Quando sentiamo la scossa andiamo tutti verso il suo letto, la prendiamo in braccio e la adagiamo su una sedia a rotelle che sta nella stanza, con quella sedia riusciamo a portarla fuori assieme a noi». Il ragazzo spiega che la fortuna è quella di vivere al piano terra, così non c’è anche lo strazio della fuga per le scale provando a portare la sedia a rotelle della nonna senza troppi sussulti: «Ma trascorrere tutto quel tempo fuori di casa, di sera, è difficile per lei. Se per un giovane come me è dura, immagino quanto sa pesante per lei». La sfida contro il sisma lo preoccupa: «Non sappiamo cosa fare, non abbiamo certezze, viviamo solo di paura. Non so cosa aspettarmi dal futuro», si allontana con parole amare. 

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A piazza Salvemini qualcuno si ferma a fotografare un edificio circondato dal nastro rosso. S’è detto che i calcinacci caduti per terra sono frutto della scossa, invece è uno spicconamento dei giorni scorsi, ma la gente comunque lo prende come simbolo della paura e del terremoto che non offre nessuna tregua. Col cellulare scatta una foto anche Anna Spinosa. Si ferma e parla con la pacatezza tipica di chi ne ha viste tante: «Già mia nonna viveva qui e per tutta la vita ha fatto i conti con le scosse - sorride pensando al passato - mi diceva sempre che non avrei dovuto preoccuparmi, che a Bagnoli la terra ha sempre tremato ma non ha mai fatto del male a nessuno. Quando mi diceva queste cose mi sentivo rassicurata. Oggi non so bene cosa pensare». 

Anna, però, ha una grande certezza: «Quando sento una scossa resto ferma e aspetto che passi, sperando che non succeda nulla di tremendo». Spiega anche il motivo della sua singolare reazione di fronte alle scosse che fanno fuggire di casa tanti suoi vicini: «Io abito al quinto piano. Per scappare dovrei percorrere tantissime scale. Se la scossa fosse devastante quelle scale sarebbero le prime a crollare e non mi salverei. Così preferisco fermarmi e aspettare... tanto se dovessi morire, morirei comunque». Sorride anche quando parla di quest’argomento che mette i brividi a tutti gli altri. Saggezza popolare, quotidiana convivenza con la paura e il pericolo.
 

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