Ucraina, mamme e bimbi accolti in cento famiglie ad Acerra: la catena solidale delle donne

Ucraina, mamme e bimbi accolti in cento famiglie ad Acerra: la catena solidale delle donne
di Daniela Spadaro
Sabato 19 Marzo 2022, 09:00 - Ultimo agg. 20 Marzo, 08:54
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Centocinquanta tra donne e bambini: la comunità di Acerra spalanca le porte delle proprie case alle famiglie ucraine in fuga dalla guerra. Acerra - terra dei fuochi, terra di camorra - è tra le comunità dalla fama più triste in Campania ma c'è oggi, più vivo che mai, un tessuto sociale che respinge la terrificante nomea che ha sì corrispondenza nella realtà ma non sempre, non ovunque. «Occorre un'etica anche nella comunicazione sostiene Stefania Brancaccio, vicepresidente della «Coelmo» di Acerra, Cavaliere del Lavoro, vicepresidente nazionale dell'Ucid, Unione cristiana imprenditori e dirigenti d'azienda per cui tengo a dire che stavolta la terra dei fuochi arde, è vero, ma della luce e del fuoco della solidarietà». «Qui sono venuti in passato ricercatori dell'Università del Maine o della Sorbona che si guardavano in giro cercando i fuochi, come se dovessero sorgere dalle viscere della terra ogni giorno. La nostra terra è stata massacrata, di fatto e di fama. Vorrei si vedesse anche tutto il resto». Ed eccolo, il resto. Stefania ha accolto l'invito del console generale dell'Ucraina a Napoli, Maksym Kovalenko, e aperto le porte a Natalia e ai suoi figli più giovani: Alla, Hanna, Nana e Roman. Ha un altro figlio la donna, rimasto in Ucraina con il padre a combattere per la sua gente. Ora i profughi abitano nella casa dell'ex custode all'interno dello stabilimento Coelmo, nell'area industriale di Acerra.

Non è però sola, Stefania Brancaccio. Ad Acerra ben cento famiglie hanno aperto le porte delle proprie case a donne e bambini ucraini. Un'accoglienza che si deve a una rete tutta al femminile e al lavoro di don Raffaele Di Nardo, parroco di San Pietro Apostolo.

Don Raffaele aveva da tempo contatti con la comunità ucraina locale, oltremodo nutrita. Tanto nutrita da aver spinto il vescovo a chiedere allo stesso don Raffaele di accogliere a San Pietro Apostolo padre Igor, delegato pontificio. Così, da tre anni, padre Igor celebra la messa della domenica pomeriggio con rito grecocattolico. E così don Raffaele è riuscito, con la Caritas diocesana, ad attivare l'iter affinché 150 famiglie potessero arrivare in sicurezza ed essere accolte nelle case acerrane. «Non si tratta solo di accoglienza ma di umanità dice don Raffaele e questa disponibilità ci deve spingere finalmente a vedere il bicchiere mezzo pieno, a guardare con occhi spalancati realtà che ci fanno sperare». 

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Ce la faranno forse, almeno per prime, le donne. Coloro che in una catena d'amore hanno permesso di bypassare finanche i problemi burocratici più complicati per consentire che un'ondata di «sorelle ucraine» insieme ai loro figli potesse trovare non solo cibo o alloggio, non solo ospitalità ma luoghi del cuore: Stefania Brancaccio sì, ma insieme alle dirigenti della scuola media «Gaetano Caporale» e della scuola materna ed elementare Montessori, Rosa Esca e Isabella Bonfiglio, all'assessore Milena Petrella, delegata del sindaco di Acerra per le politiche dell'istruzione ed educazione, a Rossella Bruno, assessora alle politiche educative e diritto allo studio del Comune di Cerignola dove i pulmann stipati di donne e bambini in arrivo dall'Ucraina sono transitati prima di giungere nell'hinterland napoletano all'ispettrice della stazione di polizia Annalisa Di Meo, all'avvocato Federica Marzullo che ha fornito assistenza legale.

Tutte loro, con don Raffaele, hanno formato una catena umanitaria senza pari. «Grazie al coraggio delle donne, alla loro marcia in più, a quella dignità delle donne ucraine che ha tirato fuori la parte migliore da tutte loro e da tutti noi», aggiunge don Raffaele. Costruttrici di pace nella terra dei fuochi che stavolta lancia un messaggio di armonia, solidarietà. Sì, anche d'amore. 

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