Napoli, al centro direzionale il “parco giochi” dei piccoli rifugiati ucraini

Napoli, al centro direzionale il “parco giochi” dei piccoli rifugiati ucraini
di Gennaro Di Biase
Venerdì 18 Marzo 2022, 23:47 - Ultimo agg. 20 Marzo, 08:54
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Evheniy ha 9 anni e indossa fiero il giubbotto del Napoli. Lo stesso di Mertens, Elmas o Insigne che aspettano di entrare in campo. Evheniy, invece, lo ha indossato durante l’odissea che lo ha portato da Mykolaïv (una delle città disintegrate dalle bombe) fino a Napoli, via Moldavia. Ora continua a indossarlo, tra i palazzoni di vetro del centro direzionale, e ogni tanto tira due calci a un pallone di gomma o improvvisato con una palla di carta. Nadia, anche lei 9 anni e di Mykolaïv, di notte ha perso il sonno, spaventata dalla memoria freschissima delle bombe, ma trova la forza di saltellare sulle mattonelle colorate dei pavimenti del centro direzionale. Evheniy e Nadia, che hanno rischiato la morte per fuggire, non sanno se i loro padri stanno bene e se le loro case sono ancora in piedi. Sono così fragili eppure così forti, così traumatizzati eppure così vivi. È la loro voglia di giocare che, forse, salverà il mondo. Intanto, nel mondo degli adulti, il bombardamento su Leopoli ha rallentato il flusso dei profughi verso la Polonia, rendendo ancor più complessa la missione di Mediterranea, partita da Napoli il 16 per portare in città 150 rifugiati. Il primo bus, però, tornerà in queste ore. 

Il centro direzionale, con la sua architettura squadrata e metallica, è diventato a tratti un’area giochi per i bimbi rifugiati. È una sfasatura che racconta il senso dell’emergenza di un conflitto che continua a sconvolgere l’Occidente. È qui, al centro direzionale, che c’è il consolato ucraino.

Ed è qui che si incrociano ogni giorno le migliaia di rifugiati che hanno già un alloggio, per espletare pratiche burocratiche e sanitarie (anche anti-Covid). I grattacieli alti e dai colori freddi di uffici e istituzioni si sono improvvisamente tinti di giostre portatili, palloni, peluche, di vite e famiglie spezzate e di brandelli di speranza. «Sì ogni tanto Evheniy tira due calci al pallone - prova a sorridere la madre, Natasha Shvec - L’altro mio figlio, Igor, ha 13 anni. Evheniy indossa questo giubbotto già da vari mesi. Glielo avevano mandato i parenti. Lui è un grande tifoso del Napoli da molto prima della guerra». Evheniy sorride e indica lo stemma del Napoli. «Siamo arrivati ieri a Napoli – prosegue Natasha – La nostra casa potrebbe essere bombardata da un momento all’altro, se non è già successo. I bambini dormono con me, in queste notti, non riescono a prendere sonno da soli. Ora stanno meglio». «Basta che non c’è la guerra», aggiunge Evheniy. 

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A pochi passi dai due tendoni blu della prima accoglienza per gli ucraini, tre bambine corrono tra i palazzoni sferzati dal vento. Due di loro parlano in italiano, appartengono a una delle famiglie ucraine che sta dando accoglienza ai connazionali in fuga dalle bombe. La terza no. Si chiama Nadia e indossa un giubbotto rosso come quelli delle fiabe. È lei che, dal nulla, si sta inventando un gioco per riempire il tempo. È una sorta di «salto sulla mattonella colorata», un piccolo challenge sul pavimento del centro direzionale. Le altre due bambine la imitano, e iniziano la sfida. La fantasia di Nadia, così spontanea, così gratis, fa sorridere per un lungo momento perfino gli altri rifugiati in fila. «Si sveglia nel cuore della notte - spiega sua madre, Natasha Kishlychenko - Ha paura delle bombe. Siamo stati chiusi nel rifugio per due settimane e mezzo». Traumi profondissimi, che i bambini non ostentano, ma che riemergono all’improvviso. Servirà un’integrazione psicologica, per le migliaia di minori arrivati a Napoli dalle città distrutte. 

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Era partita tre giorni fa da via Ferraris verso Medyka la missione “Safe passage in Ukraina” di Mediterranea Saving Humans guidata da Laura Marmorale. L’obiettivo era duplice: portare in Polonia e a Leopoli medicinali, vestiti e merce raccolti dai napoletani. E dare un passaggio verso Napoli a 150 ucraini in fuga dalle bombe. Ieri sono stati accolti sul pullman partito da Prezmysl i primi profughi, tutti bambini o donne. Undici i nuclei familiari che arriveranno in queste ore. Il più piccolo dei rifugiati ha 1 anno e mezzo e viene da Zaporizhzhya, città che ospita la centrale nucleare finita nelle mani dell’esercito russo. Per alcuni servirà trovare una sistemazione e Mediterranea si sta già attivando con le reti di accoglienza locali. Gli altri 2 bus partiti da Napoli ieri pomeriggio sono arrivati al centro di accoglienza di Korczowa per accogliere nuove persone in fuga. In conseguenza dei bombardamenti a Leopoli - dove sempre ieri è arrivata una parte della spedizione -, il flusso dei migranti dal confine con Medyka va avanti con il contagocce. «Abbiamo portato in salvo i primi nuclei familiari - spiega Marmorale - hanno atteso 5 giorni prima di poter passare il confine. Facciamo appello a tutte le parti in causa: fate uscire dal paese le persone che stanno scappando, non create tappi umanitari». «Dare un sorriso ai rifugiati riempie il cuore – spiega dalla Polonia Giuseppe Menichini, imprenditore volontario partito con Mediterranea – Ma le frontiere sono bloccate». 

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