Morto Paolo Romanello, addio all'architetto del Miglio d'oro

«Se oggi le ville vesuviane sono un patrimonio prezioso del nostro territorio è solo merito suo»

Paolo Romanello
Paolo Romanello
di Ugo Cundari
Lunedì 28 Agosto 2023, 08:00 - Ultimo agg. 29 Agosto, 08:20
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Tale era il suo amore per le ville vesuviane che spesso ci ha tenuto a fare da guida particolare ai turisti che volevano conoscere storie e aneddoti dei luoghi oggi rivalutati grazie a lui, l'architetto Paolo Romanello, che si è spento sabato a 77 anni. È stato fin dalla costituzione dell'ente Ville Vesuviane, nel 1971 per volontà politica di Pietro Lezzi, direttore generale della struttura, rimanendo al suo posto fino a tre anni fa. A lui, non solo ma soprattutto, si deve il recupero di edifici come villa Campolieto che altrimenti avrebbero continuato ad andare in rovina. Ha perfezionato tecniche di restauro e di intervento nel recupero degli edifici abbandonati, ha scritto sul suo lavoro oltre cinquanta tra studi e ha firmato diverse sceneggiature televisive su argomenti legati alla conservazione e alla valorizzazione dei beni culturali. 

Tra le persone che più gli sono state vicino in tutti questi anni, l'architetto Celeste Fidora, presidente dell'associazione Amici delle ville e dei siti vesuviani. «Ci conoscemmo verso la fine degli anni Ottanta, quando con il presidente Lezzi decidemmo di diffondere la conoscenza del patrimonio delle Ville Vesuviane con dei cicli di visite guidate e da quell'anno, fino al suo pensionamento, abbiamo sempre lavorato insieme».

Quello che colpisce nel ricordo di Fidora è la passione che Romanello metteva nel suo lavoro, una passione che a tutti i costi voleva trasmettere ai turisti e alle nuove generazioni. Fu lui ad occuparsi dell'acquisto delle ville che stavano andando in rovina, a seguire i lavori di ristrutturazione, a organizzare, appunto, le mille manifestazioni per far conoscere il patrimonio a un pubblico più vasto possibile.
«Romanello era il direttore generale dell'ente e lo potevi trovare a guidare una comitiva di curiosi, a fare da cicerone alle visite guidate dal mare, altra idea partorita insieme.

Ci dicemmo che era un peccato far vedere le ville solo via terra, che il colpo d'occhio dal mare avrebbe suggestionato molto di più, e così ci organizzammo per farle». Romanello raccontava aneddoti, citava letterati dell'epoca, faceva immaginare come si svolgesse la vita in quei giardini di delizia, i quei siti reali. Ricordava che spesso re e regina, quando tornavano da battute di pesca, come quella al tonno, poi si fermavano nelle loro ville vesuviane e qui davano banchetti. Offriva i dettagli delle scene dei film e degli sceneggiati girati a villa Campolieto, come quella famosa del banchetto della figlia di Totò in Operazione san Gennaro.

Le vie del mare per godersi le bellezze vesuviane nascevano da una idea molto più ampia che toccava la visione di Napoli. Spesso, prima che l'imbarcazione togliesse l'ancora, ripeteva al gruppo di fortunati che avrebbe approfittato delle sue conoscenze: «Adesso dovete ribaltare il vostro punto di vista abituale e leggere il golfo di Napoli come un complesso organico a differenza di quanto avviene di solito, in cui si ha un approccio per singole località. Da Pozzuoli ai Campi Flegrei alle località vesuviane e sorrentine, insieme alle isole, qui c'è tutto un mondo di bellezze da osservare nella sua integralità, nella sua completezza. Abbiamo perso il punto di vista del mare, ed è anche per questo che mi batto per il recupero delle ville vesuviane, per offrire uno sguardo diverso, e più complessivo». 

 

Per l'architetto Ugo Carughi, Romanello «non era uno storico dell'architettura, ma aveva competenze storiche che associava a grandi competenze tecniche e perfette capacità organizzative, e questo faceva di lui il migliore dei direttori che le ville avrebbero potuto mai avere». A lungo architetto di Palazzo Reale, dove fino agli anni Novanta c'era la sede dell'Ente, Paolo Mascilli Migliorini così ricorda Romanello: «Sagace, intelligente, di grande cultura, cortese, disponibile, aveva sempre una parola sdrammatizzante che indicava la via del compromesso in ogni conflitto, burocratico o di metodo che fosse».

Per Lorenzo Capobianco, presidente dell'ordine degli Architetti, «se oggi le ville vesuviane sono un patrimonio prezioso del nostro territorio è per merito di Romanello, al quale la mia generazione ha sempre guardato come a un maestro». 

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