Alto rischio tombaroli, il cantiere di Pompei presidiato dai vigilantes

Alto rischio tombaroli, il cantiere di Pompei presidiato dai vigilantes
di Susy Malafronte
Lunedì 22 Marzo 2021, 23:52 - Ultimo agg. 23 Marzo, 15:16
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Per scongiurare il rischio di un blitz di tombaroli nello scavo in corso a Civita Giuliana - il cantiere che fu aperto proprio da alcuni trafficanti di reperti oggi a processo, e che di recente ha restituito gli scheletri di un uomo e del suo schiavo, le carcasse di due cavalli e uno straordinario carro da festa - arrivano gli uomini della vigilanza privata. A chiedere più controlli sono stati i carabinieri: gli stessi che stanno seguendo da vicino l’andamento dello scavo, dopo l’operazione che a suo tempo portò all’individuazione dei cunicoli scavati dalle «talpe» dell’archeologia clandestina. Gli archeologi, quelli veri, sono certi che altri tesori verranno alla luce. Pertanto lo scavo necessita di essere blindato. Il sito si trova infatti al di fuori dei confini della città dissepolta, in una zona di campagna piuttosto isolata. Il comandante di stazione, il luogotenente Angelo Esposito, ha già implementato il servizio di sorveglianza con l’impiego di ulteriore personale e con disposizioni volte a prevenire eventuali atti predatori. Questo nelle ore diurne. Di notte, però, lo scavo è protetto solo da un servizio di videosorveglianza e da una recinzione, a detta dei militari dell’Arma che lo hanno messo nero su bianco in una lettera al direttore Massimo Osanna, «assolutamente non adeguata a contenere eventuali malintenzionati». Così, per evitare che i tombaroli possano entrare nuovamente in azione, il Parco Archeologico ha istituito un servizio notturno di vigilanza privata. Ronde armate che impediranno a chiunque di avvicinarsi.



Il cantiere di Civita Giuliana è sotto la «tutela» della procura della Repubblica di Torre Annunziata in virtù di un protocollo di intesa siglato con il Parco Archeologico di Pompei. Come ha ricordato il procuratore capo Nunzio Fragliasso a margine del ritrovamento del carro nuziale, «costante è stata in questi anni l’attenzione della Procura della Repubblica presso il tribunale di Torre Annunziata alla tutela dell’immenso patrimonio archeologico presente nel territorio di competenza.

Il contrasto alla spoliazione dei siti archeologici, all’interno e fuori l’area urbana dell’antica Pompei - ha assicurato - è sicuramente uno degli obiettivi prioritari dell’azione dell’ufficio». In questo contesto, sottolineava ancora Fragliasso, «si colloca il protocollo sottoscritto nel 2019 da questa procura con il Parco Archeologico di Pompei, che rappresenta a pieno titolo un ‘accordo pilota’ nel campo della sinergia tra le Istituzioni per la salvaguardia del patrimonio artistico nazionale».

E in effetti la collaborazione tra la procura oplontina e il Parco di Pompei «si è rivelata uno strumento formidabile non solo per riportare alla luce reperti e testimonianze di eccezionale valore storico ed artistico, ma anche per interrompere l’azione criminale di soggetti che per anni si sono resi protagonisti di un sistematico saccheggio dell’inestimabile patrimonio archeologico custodito nella vasta area, ancora in gran parte sepolta, della villa di Civita Giuliana, del quale sono una testimonianza i recenti eccezionali ritrovamenti». Fragliasso ha ricordato la particolare condizione che ha portato a sancire l’accordo: «Le attività criminali di cui aveva notizia la procura di Torre Annunziata e che dovevano essere pienamente accertate - vale a dire la realizzazione di una ramificata rete di tunnel e cunicoli ad oltre 5 metri di profondità, con saccheggio e distruzione parziale degli ambienti clandestinamente esplorati – richiedevano una attività investigativa che non poteva essere realizzata se non attraverso una vera e propria campagna di scavi archeologici, che andava condotta quindi unitamente al Parco Archeologico di Pompei».
 

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