Azione Campania nel caos, Peppe Russo: «Lascio il vertice»

«Trasformismo ed opportunismo rappresentano uno storico vizio in Campania e nel Mezzogiorno»

Peppe Russo
Peppe Russo
di Adolfo Pappalardo
Giovedì 23 Novembre 2023, 11:00
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«Ho rimesso il mio mandato di presidente dell'assemblea regionale di Azione nelle mani di Carlo Calenda», annuncia Peppe Russo, politico di lungo corso: dal Pci al Pd prima di approdare nel partito fondato dall'ex ministro. Poi, anche lì, ritrova qualche vizio che aveva lasciato ai democrat: i congressi che saltano per l'accusa di tessere farlocche. Senza contare, in ultimo, le inchieste giudiziarie che sfiorano i vertici campani di Azione. E non esclude di sbattere definitivamente la porta.

Perché si dimette da presidente?
«Per sollecitare anzitutto una serena ma ineludibile riflessione su quando sta accadendo in Azione in Campania».

A cosa si riferisce? Alle inchieste che hanno sfiorato i vertici regionali di Azione?
«Sono un indomito garantista e concepisco la consapevolezza solo dopo i tre gradi di giudizio ma allo stesso tempo sono anche una persona a cui non sfugge il principio di realtà».

Cioé?
«Non bisogna mai sottovalutare, o peggio, ignorare l'effetto che queste vicende spesso hanno sull'opinione pubblica: in questi casi ho ritenuto sempre opportuno e necessario l'esercizio di uno stile e di una compostezza che metta al riparo la comunità che si rappresenta da qualsiasi tentativo di facile speculazione.

Ho trovato anche molto singolare la posizione del vicesegretario segretario Bosco che in un sol colpo si è autocandidato per la Ue, autosospeso da Azione e autorevocato della sospensione: ha dimostrato di non aver alcuna considerazione della nostra comunità».

Mesi fa qualcuno storse il naso per molto meno: l'iscrizione al vostro partito dell'ex Fi Armando Cesaro.
«In linea di principio le colpe dei padri non devono ricadere sui figli. E se questa vicenda ha un insegnamento è quello di non lanciare nessuna fatwa nei confronti di chicchessia perché spesso ppuò ritorcersi contro».

Le acque in Azione sono agitate da un paio di settimane: per lo stop ai congressi in Campania.
«Potevano essere un'utile occasione per fare un punto sullo stato delle cose e per meglio definire il profilo ideale e l'identità programmatica di Azione Campania. Ridurre una seducente ambizione solo ad una conta degli amministratori locali da mettere come trofei nella propria bacheca senza una chiarezza di percorso espone a più di un rischio».

Quali?
«Trasformismo ed opportunismo rappresentano uno storico vizio in Campania e nel Mezzogiorno. Inoltre pensare che i voti si giustappongono come fossero sacchi di patate è una pura illusione. Ma anche se fosse vero, un partito che vuole essere nuovo una qualche riflessione dovrebbe farla. A cominciare dai meccanismi che determinano una perdurante autoreferenzialità».

Cosa vuole dire?
«Questo modo di procedere sta gradualmente svilendo ed indebolendo un ambizioso protagonismo politico e culturale: così si riduce Azione in Campania ad un contenitore amorfo alla stregua di altre sedicenti esperienze centriste della politica nazionale e campana».

Cosa è ora Azione in Campania?
«Ho la sensazione di trovarmi in una scena tratta dal Deserto dei Tartari dove il sottotenente Giovanni Drogo rimane in perenne attesa degli eventi senza fare alcunché».

Uscendo dalle citazioni letterarie.
«Non vi è assolutamente traccia di alcuna iniziativa politica su temi nevralgici. Dalla sanità al porto di Napoli, principale asset economico del Mezzogiorno nonostante molti di noi ne avessero da tempo l'urgenza e la necessità. Un partito ingabbiato da forme politiciste di schieramento senza recuperare criticità e, ancor di più, rinunciando ad una sua autonomia iniziativa. Ormai il partito ha un unico assillo: la perseveranza di un tramestio burocratico occupato a comporre solo l'album di figurine».

E il terzo mandato di De Luca?
«Sarà il Parlamento alla fine a dover prendere una decisione. In ogni caso trovo sbagliato estremizzare questa discussione ed anzi trovo più convincenti le argomentazioni di De Luca rispetto a quelle del Pd: un amministratore bisognerebbe giudicarlo solo dai fatti e non dal numero dei mandati».

Lei è un politico navigato e sa bene che è difficile che cambi qualcosa prima delle Europee.
«Penso che possiamo affrontare la prossima sfida delle Europee se siamo capaci di recuperare un'inclusione libera e larga e non così, come sta accadendo, a senso unico. Solo così possiamo rilanciare un progetto che non intende consegnare il Paese al conformismo dell'inevitabile».

Altrimenti?
«Se non ci sarà una discussione prima delle Europee non escludo altre determinazioni: dire addio al partito definitivamente». 

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