Comune di Napoli, il caso dei mutui: «Sì alla trattativa con Cdp»

Comune di Napoli, il caso dei mutui: «Sì alla trattativa con Cdp»
di Luigi Roano
Lunedì 24 Ottobre 2022, 07:00 - Ultimo agg. 25 Ottobre, 07:52
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Si tratta del pezzo pregiato non entrato nel Patto per Napoli ovvero il colossale debito del Comune - sfiora i 5 miliardi. Stiamo parlando del debito finanziario che vale 3 miliardi, a tanto ammonta l'esposizione verso le banche di Palazzo San Giacomo. E su circa 750 mutui 700 sono con CdP - Cassa depositi e prestiti, la cassaforte del Mef. Ebbene, proprio da Cdp è arrivata una circolare a tutti gli enti locali indebitati con la quale viene data la possibilità di rinegoziare il debito. Tuttavia la flessibilità è solo «sull'ammortamento», nel senso che le rate possono essere rimodulate secondo le necessità dell'Ente. Nella sostanza pagare una rata più bassa per due anni e recuperare in futuro su altre quote la differenza e Napoli ha mutui con scadenza 2044. Va da se che in Comune l'assessore alle Finanze Pier Paolo Baretta ha preso la palla al balzo per cercare di agganciare questa opportunità rimandando alle prossime annualità, quando Palazzo San Giacomo - questo il ragionamento - migliorerà la riscossione per saldare la parte di rata non pagata. Tutto però deve passare per il Consiglio comunale. E oggi, infatti, l'Assemblea cittadina si riunisce e Baretta porta in Aula la delibera 382 di proposta al Consiglio avente ad oggetto: «Adesione alla Rinegoziazione per l'anno 2022 dei prestiti concessi alle Città Metropolitane e ai Comuni capoluogo di Regione o sede di Area Metropolitana da parte della Cassa Depositi e Prestiti».

Al momento - dunque - non ci sono aperture da parte di CdP sull'abbassamento degli interessi sui mutui quello che pesa di più nelle case degli enti locali. E Palazzo San Giacomo è in prima fila dato il suo enorme debito finanziario. Siamo a novembre del 2021 quando l'allora ministro degli Interni Luciana Lamorgese alla Camera disegna la situazione finanziaria di Palazzo San Giacomo. È il primo passo per arrivare al Patto per Napoli che si concretizzò poi solo nella primavera scorsa.

Nel quale la questione debiti pregressi non vine toccata, ma il governo Draghi erogò un miliardo e 250 milioni - a rate - per consentire al Comune di pagare le rette senza andare in dissesto. Da quel novembre dell'anno scorso il debito non si è alleggerito è cambiato solo che il Comune può pagare le rate senza contrarre altri debiti. Per capire ben come stanno le cose bisogna analizzare la struttura del debito. E l'analisi la fece la stessa Lamorgese: «Il debito finanziario totale, con 750 posizioni aperte, di cui 700 con Cassa Depositi e Prestiti, ammonta a 3 miliardi, comprese le anticipazioni di liquidità, e genera annualmente una rata per quote capitali e interessi di 230 milioni. Il Comune è inoltre gravato da altri 175 milioni annui, per un totale di poco più 400 milioni all'anno». Come dire che la quasi totalità della spesa corrente se ne va per pagare le rate dei mutui di qui la difficoltà nel garantire ai napoletani una città più vivibile. A questi si aggiunga la questione dei crediti non riscossi derivanti dalle multe, dagli affitti, dal patrimonio immobiliare che sono due miliardi e si arriva sommando debito e disavanzo alla disarmante cifra di 5 miliardi.

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Come si compone complessivamente il debito? C'è il debito storico frutto del commissariamento per il sisma del 1980, quello dei rifiuti che risale a 20 anni fa e per la bonifica di Bagnoli che vale complessivamente 300 milioni in via di definizione, e oggi al riguardo in Consiglio comunale dovrebbe arrivare un altro via libera e quello con CdP e altre banche. Un serpente che si mangia la coda. Perché con la scarsa capacità di riscossione - e le regole contabili che bloccano la spesa - il Comune deve accendere mutui con Cdp e altre banche per erogare i servizi. Il tasso di interesse dei mutui con Cdp è intorno al 4%. Se scendesse al 2% i risparmi sarebbero la bellezza di 800 milioni. Si dimezzerebbe il debito. Il Comune conta sul nuovo Governo per alleggerire il tasso di interesse. Non è un mistero, in questo senso, che a Palazzo San Giacomo la nomina di Giancarlo Giorgetti al Mef è stata accolta con favore, perché in continuità con il governo Draghi. 

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