Consiglio comunale di Napoli, la farsa degli immobili per salvare il bilancio

Consiglio comunale di Napoli, la farsa degli immobili per salvare il bilancio
di Luigi Roano
Mercoledì 9 Dicembre 2020, 07:30
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Il sindaco Luigi de Magistris potrebbe aver trovato la quadra politica per restare a galla grazie alla stampella di Fi. Tuttavia, sulla strada per l'approvazione del bilancio che domani arriva in Aula - con una seconda chance sabato, davvero l'ultima perché scade il termine perentorio stabilito dalla Prefettura - si profila quella che sembra essere più che una buccia di banana. La sostanza è che i deluchiani del gruppo La Città, Diego Venanzoni e Roberta Giova, hanno puntato l'indice sui numeretti del bilancio e hanno evidenziato molte incongruità sul fronte della dismissione immobiliare e mobiliare. Non una novità il flop sulla vendita del patrimonio. Questa volta però c'è qualcosa in più. Un particolare tecnico minaccioso per l'ex pm. Su circa 85 milioni appostati come incassi nel 2020 da vendita del patrimonio e mobiliari mancano i «dettagli», ovvero i pareri dei tecnici del Comune. Per dirla tutta, in particolare del segretario generale Raffaele Grimaldi, ovvero il deus ex machina in senso letterale di Palazzo San Giacomo. Venanzoni e Giova hanno chiesto ufficialmente il parere e hanno scritto una lunga lettera al sindaco e a tutti i consiglieri rivelando le falle del documento vergato dall'ex dirigente della Cgil e vicesindaco Enrico Panini. La sensazione è che quello di Marcello Taglialatela di Fdi sia stato solo il primo ricorso inviato in Procura e alla Corte dei Conti, perché quello de La Città sarà il secondo. Non è dunque solo un caso che manchi il parere dei Revisori dei conti. Questi si esporranno solo se la faccia ce la mettono i dirigenti. C'è un altro problema serio che de Magistris deve affrontare: lo stipendio dei dirigenti è fortemente a rischio dimezzamento perché il fondo per pagare le loro indennità è molto al di sotto dei tre milioni per coprire la spesa. Grana venuta fuori dopo una ispezione del Mef. Insomma, i dirigenti sono chiamati ad assumersi la responsabilità di dare il via libera al bilancio ed eventualmente essere chiamati innanzi alla Corte dei Conti per sanare un danno erariale, e allo stesso tempo non percepire lo stipendio o una congrua parte dello stesso. Un avvertimento anche per i consiglieri comunali che - se quanto denunciato da Venanzoni e Giova corrispondesse al vero - pagherebbero in solido partecipando al voto sul bilancio. È utile sottolineare che Panini - nel rendiconto 2019 - mise a bilancio incassi per 80 milioni sul fronte dismissioni, ma nelle casse di Palazzo San Giacomo ne entrarono solo 7. Ci fu una sonora bocciatura dei Revisori dei Conti, ma con parere favorevole al documento. Un mistero anche questo: se il bilancio è fallace come è possibile dare parere favorevole?

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Dettagliata la denuncia dei consiglieri comunali de La Città, le incongruità sono tratte dal documento della Giunta, migliaia di pagine.

Senza mai dimenticare che Palazzo San Giacomo è un ente in predissesto, de Magistris e Panini hanno ereditato un debito da Rosetta Iervolino di circa 800 milioni. Ma sindaco e vicesindaco ne lasceranno ai loro successori uno da 2,6 miliardi, più che triplicato. In più, in dote ai napoletani le gabelle più salate del Paese e un debito pro capite - dal 2021 - di 2763 euro che si estinguerà solo nel 2044. Venanzoni e Giova ci stanno provando - quindi - a scavare nelle pieghe del bilancio. Le dismissioni sono la classica zona grigia. Nel 2020 sono previste alienazioni per complessivi 87,6 milioni, di cui 62,5 dalla dismissione immobiliare, tra queste 25,6 per Terme di Agnano e la restante parte dalla vendita della rete del gas. La premessa è che la dismissione delle Terme è stata affidata alla NapoliServizi, nella relazione della partecipata del Comune c'è scritto che «a partire dal 2019, è in corso una interlocuzione con l'Inail che di recente ha comunicato che, a breve, sarà richiesta tutta la documentazione immobiliare ed economico-finanziaria necessaria alla valutazione dell'investimento». Insomma, il procedimento è in alto mare. «Quanto alle alienazioni immobiliari per 27,8 milioni - scrivono Giova e Venanzoni - alla data della nota integrativa erano stati accertati incassi solo per 1,7 milioni. Aggiungendo ulteriori incassi in via di regolarizzazione da aste concluse in attesa di rogito, il valore di vendite immobiliari complessivamente definito era di 3,5 milioni: meno del 13% degli importi previsti».

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