Coronavirus a Napoli, Verdoliva riorganizza l'Asl: «Tamponi, richieste solo dai medici di base»

Coronavirus a Napoli, Verdoliva riorganizza l'Asl: «Tamponi, richieste solo dai medici di base»
di Maria Pirro
Giovedì 9 Aprile 2020, 08:00 - Ultimo agg. 08:03
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Ha già chiesto scusa, il manager dell'Asl di Napoli, Ciro Verdoliva, per i ritardi nei test sul coronavirus: «Troppi i giorni di attesa». Le difficoltà maggiori si hanno nell'assistenza domiciliare.

«Che deve essere garantita innanzitutto dai medici di famiglia e dai pediatri di libera scelta».
 


I medici di famiglia e i pediatri lamentano, però, la carenza di dispositivi di protezione, come le mascherine, per poter garantire le visite.
«Da tre giorni stiamo distribuendo anche a loro le mascherine».

Quando prevede che tutti saranno attrezzati?
«Stiamo provvedendo, ma abbiamo anche messo a punto un nuovo percorso per i tamponi e dobbiamo chiarire in che cosa consiste l'assistenza domiciliare».

Prego.
«Il paziente va raggiunto telefonicamente e sorvegliato a distanza: solo se i parametri peggiorano, il suo medico, che non deve comunque andare a casa, ne chiede l'ospedalizzazione».

Per la 90enne di Piscinola morta prima del test e dopo settimane di Sos, evidentemente qualcosa non ha funzionato.
«In mattinata abbiamo avuto riunione con il rappresentante dei medici di famiglia nell'unità di crisi, Pina Tommasielli, e i dirigenti dei dipartimenti Asl, e modificato alcune procedure».

Qual è il piano che scatta oggi?
«La richiesta di tampone non può essere più effettuata da chiunque, come avvenuto finora per gli 8.432 test eseguiti, creando un marasma tra telefonate, mail, pec da parte di pazienti, familiari, terze persone, medici, con indirizzi anche sbagliati o incompleti».

Quanti sono risultati positivi?
«In totale, 714».

Ora chi può richiedere il tampone?
«Solo il medico di famiglia o il pediatra per i propri assistiti, attraverso la piattaforma informatica, facendo da filtro e compilando un modulo per il nucleo speciale già attivo nell'Asl».

Così parte la richiesta degli accertamenti: nell'attesa, chi garantisce le cure?
«L'unità di prevenzione collettiva prende in carico il paziente, predisponendo una attiva sorveglianza, che al momento coinvolge 2500 napoletani. Ma i positivi sono di meno: 520».

In che consiste la sorveglianza attiva?
«Due telefonate al giorno, chiedendo temperatura e sintomi, secondo la scheda del ministero della salute».

I tempi per la diagnosi rischiano comunque di essere lunghi, il paziente può arrivare tardi in ospedale.
«In tre giorni (fino a domani per chi legge, ndr) contiamo di azzerare gli arretrati, circa 178 i tamponi da eseguire per diversi motivi, dalla prima diagnosi alla avvenuta guarigione, e andare a regime martedì garantendo i test a domicilio entro 24 ore e la risposta in 48. Abbiamo cambiato anche gli orari, con un turno unico dalle 9 alle 17 per eseguire i tamponi e velocizzare l'iter».

Perché non fare i tamponi anche in strada e velocizzare ulteriormente, come si fa già nell'hinterland partenopeo?
«Ritengo sia in contraddizione con l'ordinanza: costringiamo le persone uscire, mentre chiediamo di restare a casa».

Lei ha fatto il test?
«Il test rapido, non il tampone che serve solo quando si hanno i sintomi: negativo».

Quanti operatori sanitari hanno eseguito l'esame?
«2.082 negli ospedali dell'Asl, di cui 33 positivi ma poi 28 risultati negativi al tampone, per altri 5 l'esito è atteso».

Anche negli ospedali scarseggiano ancora i dispositivi di protezione.
«Li stiamo distribuendo nel rispetto delle linee guida dell'Istituto superiore di sanità: ciò significa che la mascherina Ffp2 è indicata per determinate attività e non è uno scandalo usare la chirurgica in reparti non a rischio».

Restano, tuttavia, reparti Covid-19 nel bel mezzo di ospedali che ricoverano anche altri ammalati: difficile separare i percorsi.
«Non sono reparti Covid-19 ma accolgono i casi sospetti: dopo l'esito del tampone, scatta il trasferimento. Ma, con i test rapidi, stiamo rafforzando le misure all'ingresso in ospedale in modo da individuare prima i positivi: non guidiamo più al buio».

Poi c'è l'ospedale da campo a Ponticelli, non ancora ultimato e già al centro delle polemiche.
«Si tratta di strutture modulari che possono essere utilizzate anche per 20 anni: nella settimana dopo Pasqua, l'attivazione dei primi 48 posti. Adeguare i vecchi presidi avrebbe richiesto mesi».

Quali le criticità irrisolte?
«La principale è convincere le persone a restare a casa: non è ancora il momento di gridare vittoria».

Che tipo di precauzioni adotta a casa sua?
«Dormo da solo in una stanza con bagno separata dal resto dell'abitazione, quella prima occupata dalla colf». 

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