Sono sempre più tesi gli animi di imprenditori del wedding e ristoratori, vista la nuova stretta di De Luca su asporto dopo le 21 e il divieto di cerimonie in presenza di invitati non conviventi. Le reazioni delle associazioni di categoria si fanno sempre più concrete, con Confcommercio che annuncia «nuove forme di mobilitazione» e Airb che vaglia «azioni con i consulenti legali». Prosegue, insomma, il braccio di ferro tra indotto e pandemia. Una lotta che oggi - considerando l'escalation del Covid in Campania e il crollo di fatturato che «da 4 giorni ha riportato gli incassi al periodo del lockdown» - è piena di vinti e orfana di vincitori. Secondo Confcommercio, tra Napoli e provincia sono almeno 500 le cerimonie rinviate, per un danno che per il solo a ottobre si aggira intorno ai «15 milioni».
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Solo in regione il settore cerimonie - secondo i numeri Airb - conta 200 aziende e coinvolge 80mila lavoratori, con perdite in Italia nel 2020 superiori all'80% del fatturato, con oltre 25 miliardi in fumo. «Stiamo analizzando con gli avvocati l'ipotesi che il dpcm e in particolare l'ordinanza di De Luca inficino il diritto al lavoro - dice il presidente di Airb Luciano Paulillo - Il diritto al lavoro è garantito dalla Costituzione e deve essere valido su tutto il territorio nazionale: non può esserci in Veneto e venir negato in Campania.
Al di qua delle cancellazioni obbligate, la lista degli sprechi alimentari è lunga: «Abbiamo in frigo 5mila euro di spesa: pesce, affettati, torte, frutti di mare. Tutte cose deperibili che andranno buttate - si sfoga il direttore di Villa Lucrezio a Posillipo, Raffaele Cuccurullo - Senza contare la tristezza delle spose in lacrime al telefono, a fine mese devo erogare svariate migliaia di euro di stipendi ai dipendenti. Vorrei chiedere a De Luca: come li pagheremo? Avevamo in programma 7 eventi fino al 30: cancellati. Siamo indebitati di 500mila euro con la banca. L'ordinanza ci riserva un trattamento ingiusto. Al ristorante basta prenotare 3 tavoli da 6 per festeggiare una comunione, ma nelle ville da cerimonia non si può entrare, sebbene i distanziamenti siano maggiori. Lo Stato italiano, con il welfare stentato che si ritrova, non è in grado di imporre chiusure». «Un disastro per noi ristoratori - aggiunge Antonella Giugliano di D'Angelo-Santa Caterina - De Luca ci sta massacrando lavorativamente e psicologicamente. Avevamo appuntamenti organizzati e nessuno ci rimborserà».
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«Meglio chiusi» è in sintesi la posizione degli imprenditori in queste ore. «La Campania ha limitazioni assenti altrove - dice Pasquale Russo, direttore generale di Confcommercio Napoli - La serrata sarebbe inutile: da 4 giorni è lockdown di incassi. Valutiamo una nuova manifestazione. Il dpcm consente molto alle Regioni, ma non la limitazione della mobilità di persone e merci: non si può chiudere la Campania, né confinarla. Il disastro economico però c'è e assistiamo a un cambio di atteggiamento delle imprese: con il crollo dei consumi, gli esercenti sono preoccupati di restare aperti più che di una nuova chiusura, la quale aprirebbe alla possibilità di sussidi, sgravi sui fitti e cig.». «Nessuno spende per una festa ristretta ai componenti del nucleo familiare convivente - commenta Gianni Pignatelli, responsabile Wedding di Confcommercio - Anche se capisco la difficoltà di chi decide in pandemia».