«Borghesia e clan, si aiuti la parte sana di Napoli»

«Borghesia e clan, si aiuti la parte sana di Napoli»
di Valentino Di Giacomo
Domenica 9 Maggio 2021, 09:40 - Ultimo agg. 10 Maggio, 08:32
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Non compare quasi mai nei discorsi al bar, in una cena, alla fermata dell'autobus. È quella camorra che c'è, ma non si vede o, peggio, si fa finta di non vederla. Le parole del capo della procura di Napoli, Giovanni Melillo, rilasciate ieri in un'intervista al nostro giornale, finiscono così con l'alimentare un dibattito essenziale. Un modo per stanare quella «borghesia camorrista - per usare i termini di cruda verità dello stesso Melillo - cresciuta nell'ombra degli affari dei clan e sembra accorgersi della camorra solo quando essa spara».

Una tesi che Francesco Barbagallo, storico e accademico, sposa in pieno. «Napoli è una città che non si ribella, ignora il problema - spiega il docente della Federico II - e ci convive. Una metà dell'economia partenopea è collusa, fatta di professionisti che spesso fanno finta di non vedere e non sapere». Pensa lo stesso don Tonino Palmese, presidente della fondazione Polis: «Il procuratore ha espresso perfettamente anche il mio pensiero, posso solo complimentarmi con lui».


Non si nasconde Alessandra Clemente che la lotta alla camorra l'ha tatuata nella sua storia personale e familiare. «Condivido le preoccupazioni del procuratore Melillo - dice l'assessore - contro la camorra nei territori le forze politiche non ne hanno mai fatto il principale problema.

Parlano i fatti delle decine di scioglimenti per camorra dei comuni limitrofi la città di Napoli di guida tanto di centrodestra che di centrosinistra. E condivido molto il passaggio sulla fragilità della Pa che senza un adeguato numero di uomini e mezzi combatte una guerra impari che rende lenta l'azione amministrativa e insufficiente l'azione di controllo. Serve un piano straordinario di assunzioni nella Pa incidendo così anche sulla disoccupazione e sulla sempre più estrema precarizzazione del mondo del lavoro».

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Un assunto condiviso da Mario Morcone, prefetto e oggi assessore alla Sicurezza nella giunta De Luca. «Non mi entusiasma il passaggio di Melillo sulla borghesia camorrista perché si fa torto - spiega Morcone - a tutta quella parte di società fatta di persone per bene, tuttavia mi rendo conto che troppo spesso la società civile fa finta di nulla. Proprio oggi che le forze dell'ordine e della magistratura possono contare a Napoli su guide attente e capaci, la città deve essere in grado di essere intransigente contro il malaffare». Anche il consigliere regionale Francesco Borrelli se la prende con quel «corpo molle all'interno del quale la criminalità organizzata trova terreno fertile per proseguire indisturbata nelle sue attività».

Vuole affrontare il tema senza sconti anche l'imprenditoria partenopea. «È evidente che poteri criminali si siano infiltrati - spiega Federica Brancaccio, presidente dell'associazione dei costruttori - nei gangli della società, sfruttando spesso l'eccesso di liquidità per riciclare il danaro sporco. Le mafie oggi hanno risorse e capitali, hanno saputo evolversi, mascherandosi anche quali imprenditori. Mi spiace però registrare che la pur fiorente legislazione antimafia non ci abbia sempre messo al riparo, garantendo alle forze sane della società di progredire, operando anche nel rispetto della concorrenza, oltre che della legge». Imprenditori e commercianti che devono spesso subire la presenza sul territorio dei camorristi. «Bisogna fare squadra, non vogliamo essere lasciati soli contro i clan. Chi ha un negozio in determinati quartieri - racconta il presidente della Camera di Commercio, Ciro Fiola - è spesso impotente. Nei giorni scorsi ad un tavolo convocato dal prefetto Valentini per l'utilizzo dei beni confiscati alle mafie ci siamo messi a disposizione per fare di quelle sedi dei luoghi di formazione. I commercianti sarebbero disponibili ad accogliere i ragazzi per insegnargli un mestiere e togliere manodopera alla criminalità. Si organizzi un tavolo e daremo un contributo».

«Vorrei sapere - offre un'altra soluzione lo scrittore Maurizio De Giovanni - cosa intendono fare i candidati sindaci in relazione al polo cinematografico-televisivo di cui si parla. Questa città sta avendo un grande risalto, ma perderebbe un'occasione se non creasse una scuola di cinema nel seguire la sua naturale vocazione anche per dare sfogo nell'arte a tanti giovani».

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