Napoli senza assistenti sociali, l'assessore Luca Trapanese: «Presto altre assunzioni ma sono ancora pochi»

Napoli senza assistenti sociali, l'assessore Luca Trapanese: «Presto altre assunzioni ma sono ancora pochi»
di Valerio Esca
Sabato 11 Giugno 2022, 11:03 - Ultimo agg. 14:58
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Napoli è ancora lontana dagli standard previsti dalla legge, di un assistente sociale ogni 5mila abitanti. Secondo un report della Cisl funzione pubblica, sono 147 gli assistenti sociali sui territori e 85 nell'interna area Welfare, per un totale di 232. L'assessore comunale al Welfare, Luca Trapanese, non è d'accordo fino in fondo. «A me - dice - risultano altri dati: ovvero che le assistenti sociali nei servizi centrali siano 40, mentre 172 nei servizi territoriali, di cui 20 stabilizzate ex tempo determinato che si occupavano del Reddito di cittadinanza. Ce ne sono poi altre 29 a tempo determinato che si occupano ancora del Rdc. Queste ultime sempre nei centri di servizio sociale territoriale».

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Anche secondo questi dati però Napoli sarebbe comunque indietro rispetto agli standard, con un assistente sociale di media per poco meno di 6mila abitanti.
«Quando sono diventato assessore ho fatto una nota a tutti i direttori di Municipalità e ho chiesto loro di non utilizzare gli assistenti sociali per scopi di segreteria o comunque per altri compiti amministrativi: devono stare sul territorio».

C'è una discrepanza di presenze nei centri territoriali delle diverse Municipalità. Come si può risolvere questo problema?
«Ci sono alcuni territori che ne hanno due e altri sei.

Distribuirli meglio sulle Municipalità, utilizzarli per quelli che sono e poi impegnarci a prenderne altri. Nel prossimo concorsone c'è una parte di assunzioni che spetterà proprio a queste figure».

Per dare una sterzata cosa manca?
«150 assistenti sociali. Se volessimo cambiare davvero le cose bisognerebbe fare un concorso specifico soltanto per assumere più assistenti sociali. Sono figure che determinano il cambio del tessuto del territorio, che si occupano dei minori, degli anziani, dei disabili. Lo fanno con pochissime risorse e spesso sono sole a combattere questa battaglia».

In molti concordano con il dire che i fenomeni di devianza giovanile si possono contrastare soltanto percorrendo la strada della prevenzione: è d'accordo?
«Gli assistenti sociali sono la prevenzione. Se avessimo la possibilità di lavorare di più sui territori accompagnando le famiglie nell'affrontare i loro disagi sarebbe già un grande risultato. Purtroppo così non abbiamo la possibilità di prevenire e intervenire in tempo. Avere più strumenti per aiutare le persone cambierebbe il tessuto sociale. Io non sono d'accordo nel dire puniamo le famiglie togliendo il Rdc, perché così non mostriamo di essere loro vicine. Ci sono pochi strumenti oggi e nelle famiglie cosiddette difficili è maggiore il rischio che siano portate a delinquere: tra i maggiori problemi penso alla dispersione scolastica. C'è una grandissima solitudine e questo è determinato dalla mancanza di strumenti che si mettono a loro disposizione».

E il Comune per queste famiglie cosa può fare?
«Noi abbiamo tante cose, ma non sono sufficienti. Abbiamo l'educativa territoriale, i poli per le famiglie, i centri per l'ascolto. Tantissime attività, ma per una città come Napoli ne servirebbero il triplo. Noi non è che non facciamo niente, ma non basta».

C'è poi una carenza di investimenti?
«Abbiamo bisogno di più fondi dal Governo. Quelli che ci sono non bastano. Però non possiamo appellarci solo a questo. Credo che bisogni lavorare oggi con ciò che abbiamo e fare in modo che si possano creare più servizi all'interno delle famiglie. Va bene la scuola, ma non serve se poi i bambini tornano a casa e trovano situazioni di disagio sociale importanti».

Che tipo di servizi immagina?
«Quelli che già ci sono ma moltiplicati. Più centri ascolto, laboratori, doposcuola, psicologi, presenza nelle scuole figure collaterali a quelle istituzionali. Ci sono tante cose che possiamo immaginare di creare. Abbiamo dei poli per le famiglie, ma soltanto uno per Municipalità. Servono, ma non sono certo risolutivi. È fondamentale creare una rete, tra terzo settore, sport o sociale, parrocchie, diocesi e con le Asl di riferimento. Bisogna pensare di continuare a lavorare come stiamo facendo con i senza fissa dimora, con gli immigrati e con l'emergenza Ucraina. Creare dei tavoli operativi non solo con il Comune, ma anche con altre istituzioni, come la Regione e il Governo». 

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