Napoli, il sindaco all’Unesco: «Tuteliamo l’identità dal turismo di massa»

Manfredi alle delegazioni dei 194 Paesi: tradizioni e cultura unica difesa possibile

Manfredi al summit
Manfredi al summit
Paolo Barbutodi Paolo Barbuto
Martedì 28 Novembre 2023, 00:01 - Ultimo agg. 08:20
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Qual è la ricetta per resistere all’assalto del turismo di massa che produce radicali cambiamenti e snatura i luoghi? Ne stanno discutendo i rappresentanti dei 194 Paesi raccolti sotto l’insegna dell’Unesco, giunti a Napoli per immaginare un futuro diverso, e migliore, per la gestione dei patrimoni tutelati.
Ieri alla platea internazionale riunita, per l’inizio dei lavori, a Palazzo Reale, il sindaco Manfredi ha provato a spiegare che c’è un luogo dove la lotta all’overtourism è pane quotidiano, ed è proprio Napoli; e nel documento conclusivo dei tre giorni di forum, proprio su richiesta della città partenopea, ci sarà un capitolo specificamente dedicato alla necessità che tutti gli Stati si dotino di strumenti «per governare i flussi turistici, evitare una turistificazione globale e mantenere le identità dei luoghi».

Prima dell’inizio dei lavori della “Conference on Cultural Heritage in the 21st century”, organizzata dal ministero degli Affari Esteri e dal ministero della Cultura con il supporto del Comune di Napoli, il sindaco ha accolto il ministro Sangiuliano, il viceministro Cirielli e i vertici dell’Unesco. Li ha ringraziati per aver scelto la città nell’occasione speciale della celebrazione del 50esimo anniversario della convenzione per la protezione del Patrimonio Culturale e Naturale e del 20esimo anniversario della convenzione per la protezione del Patrimonio Immateriale. 

Poi è stato chiamato ad accogliere ufficialmente i delegati. Ha affrontato la platea in inglese, l’emozione tradita da qualche comprensibile inciampo di pronuncia, la voglia di spiegare che Napoli può realmente essere il simbolo di un turismo possibile: «Posso dirvi, con orgoglio, che Napoli è la città ideale per ospitare questa Conferenza.

La città, con il suo centro storico, dichiarato sito patrimonio mondiale nel 1995, rappresenta per natura e storia il luogo che cerca di tenere insieme i principi fondamentali di entrambe le convenzioni, mescolando gli aspetti materiali e immateriali della cultura in un’unica vibrante e dinamica dimensione». 

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A un uditorio rapito dal racconto, Manfredi ha orgogliosamente parlato di un «Centro storico che è uno dei pochi al mondo ad essere un centro millenario ancora abitato e ad alta densità abitativa, tra le più alte in Europa, caratterizzato da pratiche culturali che sono l’essenza stessa della città. Un centro che cerca di resistere all’appiattimento culturale spesso conseguenza della crescente minaccia dell’overtourism».

Manfredi ha ricordato l’esempio di rinascita della Sanità, ha citato l’arte dei pizzaioli (già patrimonio Unesco), la maestrìa dei presepiai di San Gregorio, la vivacità culturale dei luoghi turistici nei quali c’è ancora la vita vera dei napoletani, l’attenzione del Comune per la conservazione della storicità dei luoghi e delle attitudini artigianali: «Il Centro antico della città resiste anche grazie alla coesione sociale e interculturale che le comunità si impegnano a garantire, costruendo un modello urbano e sociale che, pur non immune alla marginalizzazione e alla povertà, è vivo e resiliente. È un luogo che mantiene la sua identità dalle molteplici sfaccettature proprio attraverso la convergenza di aspetti materiali e immateriali del suo patrimonio».

Proprio sulla scorta dell’esperienza napoletana e della preoccupazione per il possibile impatto del turismo di massa, è stata la città di Napoli - ha spiegato il sindaco prima dell’avvio dei lavori - a chiedere che, nel documento conclusivo del vertice Unesco, ci sia un invito alla ricerca di metodi comuni per limitare gli effetti della turistificazione. Ma non solo: «Bisogna conciliare la tutela del patrimonio immateriale con quello materiale - ha spiegato Manfredi - e far comprendere come i beni culturali possono diventare fattore di inclusione e unità popoli, messaggio politico che parte molte forte da Napoli nel momento in cui a livello globale, e nel bacino del Mediterraneo, ci sono tante guerre: il valore culturale dei luoghi deve diventare un grande ponte tra gli stati e i popoli». 

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