Patti Smith a Napoli, un concerto di dediche per la ribelle diventata un classico

Live nella cornice di Donnaregina

Patti Smith a Napoli, un concerto di dediche per la ribelle diventata un classico
Federico Vacalebredi Federico Vacalebre
Martedì 5 Dicembre 2023, 11:21 - Ultimo agg. 14:02
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La cornice di Donnaregina vecchia regala al concerto di Patti Smith un'allure ulteriore, che la settantaseiesenne rockeuse di Chicago sfrutta da par suo, in un concerto intimo, per «happy few», che non ha l'elettricità vibrante dei tempi del PSG e della delirante chitarra di Lenny Kaye, preferendo toni più ripiegati, meno devastanti che in tempi ormai lontani. Al suo fianco il figlio Jackson alla chitarra ed il fido Tony Shanahan che si divide tra basso e tastiera. Il tour italiano dovrebbe accompagnare il libro fotografico A book of days (Bompiani), ma in realtà non c'entra niente, la poetessa della generazione punk governa con saggezza un concerto che cerca nel suo repertorio più recente, si fa per dire, ripescando dal vecchio canzoniere più acclamato, oltre all'immancabile «Because the night», soltanto «Dancing barefoot» e «Pissing in a river».

Preferisce, con ieratica postura, partire da «Gratefull» e poi srotolare un rosario di dediche in memoriam: «My blakean years» è per l'amatissimo William Blake; la lettura (in inglese) dell'Infinito leopardiano ricorda che il grande recanatese morì a Napoli e qui è sepolto; «Guiding light», dal capolavoro «Marquee moon» dei Television, è per l'antico amante-amico Tom Verlaine, morto nello scorso gennaio; «The southern cross» porta il pensiero a Shane McGowan che se n'è appena andato e l'omaggio sembra quasi continuare con il classico natalizio «Holy night», visto che il frontman dei Pogues era nato il 25 dicembre e ci ha lasciato una delle più belle e feroci canzoni natalizie di tutti i tempi, «Fairytale of New York».

E c'è un tributo, oltre che per il marito Fred «Sonic» Smith, vibrante chitarra degli Mc5, anche per Maria Callas, ribadita dalla parole dell'aria «Vissi d'arte, vissi d'amore».

La ribelle Patti è diventata un classico del Novecento, del secolo che fu, del millennio che fu, e si porta dietro mitologie e cosmogonie artistiche con leggerezza ed eleganza. Senza più aprire ferite come un tempo, preferendo lenirle con le speranze - o utopie? - di «People have the power».
 

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