Venticinque dicembre. Sera. C'è aria di festa al Diana. Anzi di «Fiesta». C'è aria di Siani, attore, autore, regista, sceneggiatore. E comico. Alessandro torna alle origini. A quel «Fiesta» che fu per lui spartiacque tra due stagioni: il prima, nei territori del cabaret; e il dopo, segnato dalla sfida di tracciare un sentiero, un'identità personale. E l'altra sera, sull'altare del teatro vomerese, il figlio dei Quartieri spagnoli ha celebrato quel passaggio cruciale della carriera con un'altra «Fiesta», ma 20 anni dopo: «Ho guardato ai ragazzi che hanno visto l'originale su social e dvd; un pubblico fresco, nuovo, che si unisce a quello storico».
Lo spettacolo visto al Diana ha colto nel segno; travolto la platea; suscitato risate incontenibili e ovazioni modello giubilo per lo scudetto; ringiovanito d'incanto l'età media del pubblico. La battuta che sintetizza il Siani comico di oggi? Gliela grida un fan quando Alessandro fa capolino dal sipario, con la gente già in piedi per andar via: «Sî nu mostro!». Alla soglia dei 40 anni, nello stesso mese, il «mostro» firma la regia del musical «Mare fuori» (all'Augusteo); promuove il nuovo film, «Succede anche nelle migliori famiglie» (dal primo gennaio); debutta con «20 anni di Fiesta»: Siani-Duracel. E al Diana confessa: «È emozionante tornare in questo camerino dopo tanta acqua passata sotto i ponti; dopo tanto sole che mi ha...». Irradiato? «Sì, irradiato. L'operazione di stasera, però, non è nostalgica. Perché strizza l'occhio alla contemporaneità».
E si vede.
A sostenerlo sono lo stesso Francesco Albanese dei suoi esordi in trio, la sensuale silhouette di Mikaela Naeze Silva e cinque ragazzi di street dance. Le loro coreografie acrobatiche fanno rimpiangere la gioventù perduta: Alessio Alterio, Rosario Barile, Salvatore Perugini, Mario Russo e Domenico Tanzi. La colonna sonora è la voce rap di Geolier, «che, per me, ha scritto una canzone col testo composto solo da parole del primo "Fiesta"». L'allestimento ne ricalca la struttura di cab-teatro, adeguandosi ai tempi: dalla scenografia (ambientata in metro) al balletto e ai duetti con il fedele Albanese. In quei momenti il ritmo cala, ma «volutamente. Il pubblico riprende fiato e si prepara alle risate che lo aspettano». Le novità sono soprattutto nei monologhi, adeguati ai tempi. Una su tutti. Vent'anni fa il turismo di massa non aveva ancora scoperto Napoli. Oggi sì: «Ma come si fa a spiegare a uno di fuori " o cavallo e ritorno"?». Mimica, gestualità esagerate e una propensione - dichiarata - a ridere per le sue stesse fulminazioni comiche sugellano l'originalità.
Via lo sketch sul napoletano in palestra, dentro l'imitazione di Gigi D'Alessio, sperimentata durante un suo vecchio show al Plebiscito. E c'è Tatore (col motorino antropomorfo); con loro, lo sketch dell'Ultima cena. Tatore è il simbolo dell'operazione comica di Siani, che destruttura un'ampia sottospecie dell'homo neapolitanus, mostrandolo all'opera nel confronto con la realtà: regali di Natale, banchetti di matrimonio; tormentoni quotidiani: «Ma n'ato ca fa na bella pizza sai chi è...?». La lingua è quella, strettissima, della sottospecie, detta con la stessa velocità ansiosa e nevrotica che essa sprigiona nella vita: «Il pubblico si riconosce e ride di sé». Ma questo è possibile «perché io non me ne sono andato. So' rimasto ccà. Giro, osservo, comunico. E Napoli mi ispira».