Biagio Izzo, 40 anni tutti da ridere: «Ma facevo scompisciare tutti fin da bambino»

L'attore ricorda i suoi esordi

Biagio Izzo, 40 anni tutti da ridere: «Ma facevo scompisciare tutti fin da bambino»
di Luciano Giannini
Giovedì 2 Marzo 2023, 09:17
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Giusto 40 anni fa, nel 1983, formò con Ciro Maggio il duo Bibì & Cocò: «Ma facevo ridere anche da piccolo. Mio padre mi raccontava che un giorno, in auto, ci fermammo a Forlì per chiedere informazioni sul tragitto; incappammo in un balbuziente e io, durante il resto del viaggio, mi divertii a imitarlo. Avevo quattro, cinque anni. A sei organizzavo recite nel garage di casa con i miei fratelli... poi il teatro al Don Guanella... e tanto altro. Nel 1997, però, fu "Macao", di Gianni Boncompagni su Raidue, a darmi notorietà nazionale, tanto che oggi posso scegliere cosa fare e cosa no. Per esempio, ho deciso di rinunciare alla televisione per un po'. Sai, se si incontra un amico ogni tanto, fa piacere; se lo si vede ogni giorno, si rischia la noia».

Biagio Izzo si racconta alla vigilia di «Balcone a tre piazze», novità di Mirko Setaro e Francesco Velonà, che debutterà domani nella stagione dell'Augusteo.

Con lui, in scena, saranno Mario Porfito, Carla Ferraro, Roberto Giordano, Adele Vitale e Ciro Pauciullo. La regia è di Pino L'Abbate; repliche fino a domenica 12.

Izzo: «Un fatto è sicuro, si ride. Tanto! Perché questa è una commedia degli equivoci e suscita sorprese che il pubblico scopre assieme agli attori. Tutta colpa di una tempesta non meglio precisata, almeno al principio, metafora delle difficoltà che si abbattono sulle nostre vite, anche se noi le trattiamo con leggerezza. Qui c'è un balcone da cui, alla vigilia di Natale, entrano tre persone per aggrovigliare ancora di più l'esistenza del protagonista, Alfredo, un uomo separato che vorrebbe partire per tentare di riavvicinarsi alla moglie, ma è bloccato dalla tempesta».

E gli altri? «Stessa sorte. C'è l'avvenente vicina di casa, ci sono l'amante e un improbabile rapinatore. Tutti, per vari motivi, entrano da quel balcone e il povero Alfredo non sa come dividersi. Non svelo il coup de théâtre finale, ma riuscirò a ricomporre un'armonia, citando addirittura Seneca: "Il vero navigatore si vede nella tempesta"».

Torniamo alle origini di Bibì e Cocò: «Mi piacevano i Brutos e la loro fisicità. Per imitare l'unico dente che sfoggiava il leader del gruppo, Gerry Bruno, mi attaccai sugli altri delle gomme alla liquirizia. Perché? Il segreto è suscitare curiosità nella gente. Volevo essere leggero ma a modo mio, una sorta di Masaniello, un trasgressivo amico del popolo contro il potere, ma senza i suoi eccessi. Il mio Bibì era un clown fisico, con gli occhi storti e un dente in bocca, non il solito comico in giacca a quadri. Mi sentivo libero». Poi? «Poi, un giorno presi uno schiaffo da un camorrista perché eravamo arrivati tardi alla sua festa e dissi: basta. Quel ceffone mi cambiò la vita e mi portò fortuna. Cominciai a fare provini, incontrai Boncompagni».

Ma nella carriera di Izzo c'è anche il registro drammatico: «Certo! E penso ai "Fratelli De Filippo" di Rubini, a "Tiro libero" e a "Come saltano i pesci", di Alessandro Valori, dove sono un uomo che perde la moglie e passa il tempo del film in sala mortuaria. L'attore deve far ridere e piangere, ma è importante che sia guidato da un buon regista, altrimenti il comico può diventare patetico».

E qual è il segreto di un buon comico? «Essere al passo coi tempi, stare sul pezzo e guardare il mondo con ironia e leggerezza. E non c'è problema: anche la vita vera io l'affronto con gioia, e ringrazio di essere nato, perché sento di aver ricevuto un dono».

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