“Viva Viviani”, l'omaggio dei fratelli Martone alla vita di Raffaele Viviani: un documentario per raccontare “il gigante del teatro” del novecento

“Viva Viviani”, l'omaggio dei fratelli Martone alla vita di Raffaele Viviani: un documentario per raccontare “il gigante del teatro” del novecento
Martedì 18 Ottobre 2022, 18:01
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«Raffaele Viviani non ha ancora avuto il pieno riconoscimento che merita». Parte da questo assunto la voglia di ricostruire l’universo artistico e umano del grande commediografo originario di Castellammare di Stabia. E per farlo, Mario e Stefano Martone hanno deciso di utilizzare lo strumento del documentario: ecco “Viva Viviani”.

Vincitore come miglior lungometraggio della sezione “Scenari campani” dell’Ischia Film Festival 2022, il documentario verrà proiettato lunedì 24 ottobre alle ore 19:00 al cinema Modernissimo di Napoli  alla presenza di una parte del cast, il 7 dicembre Istituto di Cultura Italiana a Marsiglia, e poi verrà trasmesso in inverno su Sky Arte.

Prodotto da Nephila Film, con il contributo di regione Campania, Film Commission Regione Campania e ministero della Cultura, l’opera è arricchita dai preziosi archivi della Cineteca di Bologna, della Rai, dell’Eye Museum, dalle lettere inedite di Raffaele alla moglie Maria, e dalle testimonianze di importanti esponenti del mondo della cultura nazionale e internazionale legati all’opera di Viviani, come Alfredo Arias, Mimmo Borrelli, Davide Iodice, Mario Martone, Nello Mascia, Toni Servillo, Giuliano Longone Viviani, Valentina Venturini.

«È il più grande autore del Novecento, uno dei più grandi in Europa», esordisce Borrelli.

Per Martone «c’è una grande potenza politica nel teatro di Viviani». «Se si dovesse aggiungere un testo a Chaplin, questo testo dovrebbe scriverlo Viviani», ha spiegato Arias. Servillo sostiene che «ciò che caratterizza molto la figura di Viviani è questa dimensione di lottatore».

La narrazione, scandita dalla voce narrante di Paolo Cresta e accompagnata dagli arrangiamenti musicali di Maria Pia De Vito, viene intervallata da scene di vita quotidiana dei nostri giorni, a testimoniare la contemporaneità del teatro di Viviani, e da estratti di messe in scena da “Zingari” ai “Dieci Comandamenti”, da “Napoli notte e giorno” a “Io, Raffaele Viviani”.

«Ciò che all’inizio ci ha più colpito è il carattere marcatamente documentaristico del teatro di Viviani, quasi sempre ambientato all’aperto. Il suo è uno sguardo dal basso - che non giudica e non offre facili soluzioni - sulla miseria del popolo napoletano. Il punto di vista degli esclusi e degli emarginati ai quali restituisce con la sua poetica la dignità e lo spessore che meritano a dispetto di qualsiasi interpretazione folkloristica», spiegano gli autori che hanno approcciato al grande autore da una prospettiva privilegiata.

«Quando nostro padre ci parlava di Viviani lo chiamava semplicemente Il Nonno. La casa del Corso Vittorio Emanuele è uno dei luoghi in cui siamo cresciuti. Da ragazzini, abbiamo giocato nel giardino e attraversato con timore il parquet scricchiolante del suo studio, che evocava immagini d’altri tempi. La domenica seguivamo distratti i racconti familiari ma solo molto più tardi, da adulti, abbiamo cominciato a riscoprirlo, a comprenderlo e a sentirci più vicini a lui. Pian piano è nato il desiderio di raccontarlo».

Nonostante sia apprezzato dal pubblico di tutta Italia e anche in diverse parti del mondo, nonché dai critici, non ha ancora avuto il pieno riconoscimento che merita. «Ciò perché adotta nel suo teatro una lingua napoletana antica, aspra e senza concessioni, spesso percepita come una barriera difficile da valicare. Ma soprattutto perché Viviani mostra senza pietismi, evidenziando la straordinaria vitalità di un popolo oppresso, le ferite e le piaghe di una città dolente, i demoni della miseria e della fame che vogliamo esorcizzare», concludono Mario e Stefano Martone.

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Riscoprire la figura di Raffaele Viviani oggi è dunque importante per affinare lo sguardo su un’umanità sofferente. E per dare il giusto riconoscimento a un autore che Dario Fo ha definito un “personaggio gigantesco del nostro teatro”.

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