Lubrano, dal carcere al Mondiale:
«Aiutare i ragazzi di Ponticelli con lo sport»

Lubrano, dal carcere al Mondiale: «Aiutare i ragazzi di Ponticelli con lo sport»
di Gennaro Arpaia
Sabato 20 Novembre 2021, 18:16
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Negli ultimi quattro anni, la vita di Cristian Lubrano potrebbe essere descritta come un ottovolante, di quelli che vanno in alto, ti scaraventano al fondo e poi ti fanno risalire. Napoletano classe 1976, abita da sempre San Giorgio a Cremano dove a 6 anni si innamora dello sport. E della kickboxing che sarebbe arrivata in Italia da lì a poco. Il suo è un nome che gli appassionati italiani conoscono bene: per dieci anni di fila ha vinto il titolo italiano, nel palmares anche 12 Coppe Italia e 11 Coppe del Presidente della sua categoria Light Contact -94. «Ho la bacheca della Juventus, ma nel mio cuore c’è solo il Napoli» scherza Lubrano ai microfoni del Mattino raccontando la sua storia: «Mi sono innamorato di questa disciplina da giovanissimo, ho raggiunto tanti risultati e mi sono allenato sempre qui, a casa mia, anche girando con la nazionale». Sì, perché la maglia dell’Italia l’ha vestita con orgoglio per dodici anni collezionando medaglie a Europei e Mondiali, prima di quel maledetto 2017.

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«Un incidente in moto mi ruppe tibia e perone, era sera e fui salvato da un ragazzo che era di passaggio e impedì che altre macchine mi travolgessero» ricorda con difficoltà. «Mi sbagliarono la prima operazione, fu un calvario, due anni dopo tornai a rivedere la luce». Ma durò poco, perché arrivarono i problemi con la giustizia. «Sono stato arrestato nel 2019 per un errore giudiziario. Ma per dimostrarlo non è stato facile: ringrazio i miei avvocati che hanno lavorato per un anno e mezzo, fino alla verità: con la criminalità non c’entro nulla» confessa Cristian. «In carcere ho imparato tanto e ho capito che lo sport potrebbe aiutare i detenuti ad avere una alternativa». Tanto da creare il suo personale progetto: «Si chiama “Oltre le quattro mura” ed è un’iniziativa che porterò avanti nei prossimi mesi con i ragazzi del nostro territorio e con i detenuti se ne avrò la possibilità. Voglio aiutare i giovani come già faccio in palestra: mi alleno da sempre a Ponticelli con i miei maestri Raffaele Aracri e Anna Sorrentino, è un territorio complicato e noi indichiamo una strada agli adolescenti che potrebbero anche prendere la via sbagliata».

Dopo il carcere, però, il ritorno in nazionale. «Ho avuto l’onore di essere richiamato per il Mondiale che si giocava in casa (a Jesolo lo scorso ottobre). Ci sono arrivato senza nemmeno un test di prova, mi sono lanciato nella mischia e mi è andata bene». Una serie di risultati positivi fino alla finale. «Ho superato i primi turni e i quarti. Quando ho vinto la semifinale, mi sono lasciato andare a un lungo pianto: l’incidente, l’arresto, poi la morte di mio padre a causa del covid qualche mese prima. Ho perso in finale ma ho portato a casa una medaglia d'argento pesantissima per tutto quanto era successo, a 45 anni e con una preparazione di certo non perfetta. Faccio i complimenti al mio avversario ma gli do appuntamento al prossimo Europeo per la rivincita».

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