FELTRE - «Ho cercato più volte di dissuadere Ivan dall'entrare nella baracca, ma non mi ha dato ascolto». A parlare è colui che per primo si è accorto che dalla dependance usciva del fumo e ha avvisato il proprietario della struttura. L'uomo, che ha un suo studio tecnico all'ultimo piano del complesso edilizio, racconta quei concitati attimi che si sono poi trasformati in una vera e propria tragedia.
LA PAURA
L'uomo, che preferisce non rilasciare il proprio nome, ricorda così quei minuti che hanno preceduto la tragedia. «Era circa mezzogiorno quando, guardando dalla finestra, mi sono accorto del fumo che usciva dalla baracca del signor Sergio ricostruisce il tecnico -.
MINUTI PREZIOSI
Il tecnico che lavora nel complesso ricorda che l'allarme è stato lanciato ai vigili del fuoco intorno alle 12.15 ma sul posto i pompieri sono arrivati una quarantina di minuti dopo in quanto si è dovuto attendere l'arrivo dei vigili del fuoco di Belluno e Montebelluna in quanto quelli di Feltre erano impegnati in altro intervento. «Purtroppo nessuno poteva prevedere quello che è successo. Che due baracche prendessero fuoco nello stesso momento e che Ivan decidesse di entrare e fare da sé. Certo è che è difficile non chiedersi se le cose avrebbero potuto andare diversamente se l'intervento fosse stato più tempestivo», aggiunge il tecnico.
LA FOLLA
Nella zona di via Fosse dov'è accaduta la tragedia, ieri pomeriggio si è radunata una gran folla. Oltre ai mezzi dei vigili del fuoco, i carabinieri, la polizia locale che ha regolamentato la viabilità, c'erano anche molti residenti della zona accorsi per capire cosa fosse accaduto e cosa avesse richiamato così tanti soccorsi. Non sono mancati i curiosi. Quello che però ha caratterizzato il pomeriggio è stato il silenzio. Un rispettoso silenzio di fronte alla moglie Cristina, che è sempre rimasta lì, anche quando il corpo è stato portato via dalle pompe funebri incaricate. Circondata da parenti e famigliari che non l'hanno lasciata sola un secondo. Un dolore composto, nonostante le lacrime non smettessero di scendere. Lacrime che hanno rigato anche il volto di Sergio Sanson, che mai avrebbe pensato che la sua baracca avrebbe un giorno potuto diventare una trappa mortale per qualcuno. Men che meno per il genero. (E.S.)