Strage dei 4 ragazzi sulla strada di un anno fa, ci sono due testimoni: «Questo si ammazza...»

L’EVENTO IN PIAZZA Tanta gente in piazza Indipendenza a San Donà per l’omaggio alle vittime del tragico incidente di un anno fa
L’EVENTO IN PIAZZA Tanta gente in piazza Indipendenza a San Donà per l’omaggio alle vittime del tragico incidente di un anno fa
di Davide De Bortoli
Giovedì 16 Luglio 2020, 05:00
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SAN DONÀ - «Secondo me questo si ammazza, e pochi minuti dopo abbiamo visto un’auto fuori strada». Le parole, pronunciate con voce sicura, sono di Erika Fischer, 24 anni, studentessa di giurisprudenza prossima alla laurea, e del fidanzato Raffaele Freda, 29enne, praticante avvocato, entrambi trevigiani.
Il terribile incidente sul canale Pasarona del 14 luglio dello scorso anno a Jesolo - dove morirono i 22enni Eleonora Frasson, Leonardo Girardi, Giovanni Mattiuzzo e Riccardo Laugeni - ha segnato anche le loro vita. Quella notte non la dimenticheranno, e partendo da quella tragedia intendono avviare una battaglia civile «perché la legge sull’omicidio stradale può essere modificata», spiegano entrambi.
È stata proprio la giovane coppia ad allertare per prima le forze dell’ordine, dopo aver notato la Volkswagen Golf grigia che procedeva a forte velocità guidata da Marius Alin Marinica, ora imputato, per il quale il pubblico ministero ha chiesto la condanna a otto anni.
LA TESTIMONIANZA
Erika martedì notte è salita sul palco in piazza Indipendenza a San Donà, per ricevere un riconoscimento da Romina Laugeni, madre di Riccardo, al termine di un evento commemorativo a cui hanno partecipato più di 500 persone. I due giovani hanno ricostruito gli attimi che hanno preceduto la tragedia: «Avevamo cenato in piazza Drago e stavamo tornando a casa - spiega Erika – la Golf si è immessa sulla “Jesolana” davanti a noi, proveniva da un distributore, procedeva spostandosi a zig zag e frenando in modo improvviso, tanto che per prudenza ci siamo tenuti lontani. Raffaele ha cercato di avvertirlo con gli abbaglianti perché temeva fosse al telefono o si stesse addormentando. Poi abbiamo intuito che probabilmente non stava male. A quel punto abbiamo contattato la Polizia locale, all’agente che ha risposto ho detto: “Secondo me questo si ammazza”. Mentre stavo pronunciando queste parole abbiamo visto che affrontava la rotatoria del “Bennet” sorpassando un’altra auto che si stava immettendo. Era velocissimo, guidava in modo incontrollato. Raffaele mi diceva: «Rischia di uscire dalla carreggiata, si rovescia». «Abbiamo pensato che non stesse male - le fa eco il fidanzato - perché, dopo aver guidato a zig zag, ha accelerato lasciandoci indietro di circa 500 metri, una guida scellerata». «Lo abbiamo perso – continua Erika - e ho pensato: questo non arriva a casa. Pochi minuti dopo, mentre guardavo fuori dal finestrino ho notato le luci rosse di un’auto dentro l’acqua del canale Pesarona. Sulle prime abbiamo pensato fosse lui. Qualche automobilista aveva già cercato di prestare soccorso. Ci siamo fermati e quando hanno spostato l’auto abbiamo visto che il colore era blu, non si trattava della Golf grigia. È stato terribile quando hanno estratto i corpi dei ragazzi. La mattina dopo sono andata in caserma dai carabinieri per il verbale».
AL PROCESSO
«Ma non saremo testimoni nel processo – continua Raffaele – quando viene accordato il rito abbreviato si ridimensiona il dibattimento, e soprattutto la pena, in pratica, è la stessa dell’omicidio colposo. Siamo due giuristi indignati perché la legge sull’omicidio stradale è un’etichetta, una trovata politica. Non c’è alcuna differenza tra chi sbaglia nel dare la precedenza e chi non è nelle condizioni di guidare, superando parecchio i limiti di velocità. Pur avendo sempre commesso l’azione con colpa si deve tener conto se qualcuno ha causato l’evento con certe responsabilità e noi avremmo potuto testimoniare serenamente. Giudice e pm si muovono all’interno del perimetro della legge, il pm, infatti, ha chiesto il massimo della pena edittale. Erika in quest’anno ha sentito spesso Romina. Sappiamo che le famiglie sono devastate, la loro rabbia è comprensibile. Intendiamo portare avanti una battaglia civile perché la legge si può modificare, inutile creare dei doppioni: ci sono un migliaio di persone a Roma che paghiamo e devono prestare attenzione a come si scrivono le leggi».
 
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