Quattromila ore di video analizzate, sette milioni di report di telefonate controllate: è l'enorme mole di lavoro compiuta dagli investigatori che hanno individuato la banda italo-moldava accusata della rapina al museo di Castelvecchio a Verona, lo scorso 19 novembre, con 17 dipinti antichi trafugati. «È difficile indagare sugli invisibili, che sono sul territorio con più identità», ha detto Antonio Coppola, comandante del Reparto operativo del Nucleo tutela patrimonio culturale dei Carabinieri che ha portato avanti l'indagine assieme agli agenti della Squadra mobile della Questura scaligera e del Servizio centrale operativo (Sco) della Polizia di Stato.
«È stata un'indagine molto tecnica - ha spiegato il dirigente della mobile, Roberto Di Benedetto - nella quale sono stati impiegati i migliori investigatori. Non è stato facile perché non hanno lasciato nessuna traccia, sono stati bravi a nascondere». Riguardo alle 17 opere d'arte trafugate, tra le quali capolavori di Tintoretto, Rubens, Mantegna e Pisanello, sarebbero ancora nascoste: «riteniamo che siano in Moldavia, abbiamo più di un'idea su questa ipotesi», ha detto il gen.
Mariano Mossa, comandante del Nucleo tutela patrimonio artistico dell'Arma. «Non è escluso che altre persone abbiamo avuto un ruolo» ha quindi rilevato l'alto ufficiale spiegando che i riscontri sui conti correnti bancari degli indagati non hanno fornito alcun elemento di prova su passaggi di denaro.