Napoli, il crollo dell'Arco Borbonico, chiesta l'archiviazione: nessun responsabile

Napoli, il crollo dell'Arco Borbonico, chiesta l'archiviazione: nessun responsabile
di Gennaro Di Biase
Sabato 25 Giugno 2022, 23:45 - Ultimo agg. 27 Giugno, 17:05
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Se la storia crolla, non è colpa di nessuno. Sono ancora nella memoria di tutti le bufere che, il 2 gennaio 2021, distrussero il lungomare e frantumarono l’Arco Borbonico di via Partenope, che da anni aspettava un intervento di restauro. In attesa che qualcuno inizi i lavori di ripristino - il progetto è pronto, stando alla sovrintendenza - il pm Immacolata Sica ha chiesto l’archiviazione per l’incidente. I comitati annunciano battaglia. Le recinzioni dell’Arco Borbonico ormai fantasma, intanto, si impongono agli occhi di migliaia di turisti che ogni giorno visitano il lungomare. E sono diventate un immondezzaio. A pochi passi delle transenne, galleggiano i mattoni scomposti dell’ex molo. E della storia partenopea. Il Garante per la Tutela dei Beni Culturali ha già annunciato il ricorso contro l’archiviazione, da presentare entro 20 giorni. Successivamente, sarà il gip a convocare le parti, e potrebbe suggerire indagini suppletive sul crollo, archiviare il caso, o anche procedere all’imputazione coatta. 

Partiamo dall’esposto iniziale, partito dall’ingegner Luigi Grosso all’indomani del crollo: «Il giorno prima del cedimento, a inizio gennaio 2021, mi soffermai sull’arco. Avevo notato che alcuni elementi della puntellatura non garantivano la tenuta necessaria per sorreggere la struttura. Le zeppe di legno non esistevano più. Scattai delle foto, e il giorno dopo l’arco crollò. Predisposi dunque un esposto in Procura, tramite l’avvocato Luca Capriello. Ora che è stata richiesta l’archiviazione, faremo ricorso entro la prossima settimana. Parliamo di una puntellatura in prossimità del mare: andava disposta una manutenzione ma per assegnare i lavori nel 2020 ci hanno messo diversi mesi e l’Arco intanto è crollato». «L’esposto è stato prodotto attraverso l’analisi dei documenti formali intercorsi negli ultimi anni tra Comune, Sovrintendenza e Autorità Portuale - aggiunge Capriello - I ritardi negli interventi, sollecitati a più riprese dalla Sovrintendenza, hanno prodotto il crollo».

Nel carteggio in questione tra enti si trova poi un documento firmato dal sovrintendente Luigi La Rocca (ma non datato), in cui per «l’eccezionale valore storico-artistico» dell’Arco, «si impone a codesta Autorità Portuale - presieduta ancora da Spirito, sostituito a febbraio ‘21 da Annunziata ndr - in qualità di ente concessionario, l’obbligo di eseguire i necessari interventi di messa in sicurezza e restauro, assegnando a codesta Autorità Portuale un termine di 30 giorni per la presentazione di un progetto esecutivo». Saranno ovviamente i giudici a stabilire ragioni e torti. Eppure, nei fatti l’antico molo di via Partenope è al palo e senza interventi. Qualcosa si è incontestabilmente inceppato nelle maglie della burocrazia. 

La procedura di opposizione all’archiviazione sarà attivata da Gaetano Brancaccio, legale dell’ufficio del Garante dei Beni Culturali e del Paesaggio Giulio Pane, già nel corso della prossima settimana.

Al giudice sarà chiesto un ulteriore approfondimento sul crollo del molo borbonico, per ricercare eventuali inerzie e negligenze da parte delle amministrazioni preposte alla tutela e alla conservazione del Patrimonio storico artistico e monumentale. 

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«Indipendentemente dalla richiesta di archiviazione - commenta Antonio Pariante del Comitato Portosalvo - con la quale si sta cercando di chiudere sommariamente la vicenda, riteniamo intanto assai grave il ritardo di tutte le amministrazioni preposte che, dopo un anno e mezzo di sopralluoghi e verifiche, non hanno ancora ripristinato lo stato dei luoghi. Ecco perché attiveremo tutte le procedure che la legge prevede con il nostro Garante». «Dovremmo evitare di chiedere alla giustizia di intervenire su questioni simili - spiega Pane - certe tutele del nostro patrimonio storico dovrebbero essere automatiche. La questione della proprietà del bene, tra Comune e Autorità portuale, è il nucleo centrale della vicenda». 

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