Bill Gates, ovvero il genio assoluto, l’imprenditore ricchissimo, il filantropo generosissimo, il profeta dei disastri climatici, non bello ma super smart con il suo cappellino da baseball. Fino a poco fa era questo l’invidiabile identikit dell’uomo che in un garage con un amico s’inventò la startup Microsoft destinata a cambiare il mondo e la vita di tutti. Ora nel Paese dove il bigottismo delle origini rischia di saldarsi alla versione grottesca del #MeToo, un’onda di neo puritanesimo bacchettone travolge pure “l’uomo più intelligente della stanza”.
E le rivelazioni seguite al suo divorzio da Melinda French rimbalzano dal Wall Street Journal al New York Times, reclamando un identikit rovesciato che suona così: Bill Gates ovvero il fedifrago poliamoroso, il frequentatore di pedofili, il molestatore sessuale seriale in combutta con altri maschi predatori.
La prima accusa viene da un’ingegnera informatica sua dipendente, legata a lui da una relazione consenziente cominciata nel 2000 e a detta degli avvocati finita “amichevolmente” alcuni anni dopo. Chiusasi la relazione, nel 2019 la signora chiese il trasferimento a un nuovo incarico, scrisse una lettera alla Microsoft in cui spifferava tutto sul legame con Bill e con gesto non propriamente elegante sollecitò pure la consegna dell’avvelenata missiva a sua moglie Melinda. Non è dato sapere se Mrs. Gates l’abbia letta o no, ma una cosa si sa: la richiesta di divorzio partì proprio in quello stesso anno. Poco dopo, Bill si dimetteva dalla startup che aveva fondato, e che intanto stava varando un codice interno di rafforzamento per regolamentare i comportamenti inappropriati, soprattutto nei rapporti tra dirigenti e dipendenti.
La seconda e la terza accusa, sulle cattive frequentazioni, scaturiscono dall’indagine interna avviata dopo le dimissioni di Bill Gates. Ne sarebbero venute fuori una certa familiarità di Bill con il pedofilo Jeffrey Epstein e un’amicizia con un ulteriore impresentabile, il fidatissimo amministratore Michael Larson, dalla consolidata fama di predatore di donne. E a conferma del detto “chi va con lo zoppo impara a zoppicare”, secondo i suoi accusatori pure Bill ha cominciato a provarci.
Ammesso che le mail siano autentiche, anche il linguaggio con cui sono scritte tradisce il senso incombente dell’ossessione cui nemmeno Bill Gates apparirebbe estraneo, e che domina su tutta questa vicenda: è il bigottismo intollerante della società statunitense, che torna sotto nuove vesti e impone la sua visione assai poco laica. Tutto ciò sovrasta anche le sacrosante istanze da cui è nato il movimento #MeToo, facendo prevalere la convinzione assurda che non vede differenza tra un corteggiamento, un’avance e uno stupro. E se anche una relazione consensuale però extraconiugale, come quella avuta da Gates, provoca su giornali seri titoli come “è crollato un mito”, che resta da dire? Che la sua colpa è stata quella di avere tradito la moglie, oppure di non aver saputo tenere nascosto di avere avuto un’amante, o di non essersi assicurato che tacesse? Un tempo si sarebbe detto che queste sono preoccupazioni da moralismo borghese piccolo piccolo.
Ma forse il nocciolo di tutto è altrove, e risiede nel fatto che sotto quel cappellino da baseball Bill Gates ha dei pensieri non solo da inventore geniale, ma da uomo cui piacciono le donne: da far inorridire i baciapile paladini della monogamia. Vogliamo concludere che è un sentimento disdicevole? Dove sta scritto che Bill Gates non possa averne altre, oltre la ex moglie Melinda French, ovviamente consenzienti cioè in grado di dire di no o di sì? E nel caso del sì, libere come lui di fare insieme quello che pare a loro? Quanto alla moglie ormai ex, può sempre divorziare, e lo farà. Le frutterà una fetta non piccola dei 128 miliardi di dollari dell’ex ragazzo Bill (nomen omen?), quello con il cappellino.