Cirillo, l’uomo dei segreti
tra Br, Stato e clan

di Isaia Sales
Domenica 30 Luglio 2017, 23:55
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Il nome di Ciro Cirillo resterà a lungo nella storia politica italiana anche e dopo la sua morte: in particolare per le circostanze della sua liberazione, dopo il sequestro effettuato dalle Brigate rosse nell’81 a Torre del Greco, con l’uccisione dell’autista Mario Cancelli, del poliziotto di scorta Luigi Carbone e il ferimento del suo segretario Ciro Fiorillo, suo segretario particolare.


I vertici nazionali della Dc, in particolare i rappresentanti della corrente dorotea che allora detenevano il comando del partito, fecero quello che non ritennero giusto fare per Aldo Moro, sequestrato dalle stesse Br appena tre anni prima. Misero in moto i Servizi segreti che immediatamente coinvolsero il capo della Nuova camorra organizzata, Raffaele Cutolo, incaricandolo di gestire tramite il circuito carcerario un contatto con i vertici delle Br: fu fatta la scelta dell’intransigenza per Aldo Moro, presidente nazionale della Dc, invece si avallò la trattativa con la camorra e le Br per Ciro Cirillo, assessore regionale della Campania. E così dei rappresentanti dello Stato si misero sotto i piedi il senso dello Stato, legittimando il capo di una organizzazione criminale all’epoca tra le più agguerrite e sanguinarie, consentendogli ancora di più di trasformare un carcere della Repubblica italiana nel suo ufficio privato. E trasformando in pericolo pubblico numero uno non Cutolo ma il magistrato Carlo Alemi, che cercava alcuni anni dopo di fare luce sui mesi torbidi della prigionia e della trattativa. Nel 1988, Ciriaco De Mita, Presidente del consiglio dei ministri, in una informativa al Parlamento sul caso (dopo che il magistrato aveva rinviato a giudizio Raffaele Cutolo assieme ad altre quattordici persone e aveva fatto i nomi, tra gli altri, di Flaminio Piccoli, di Antonio Gava, di Francesco Patriarca e Vincenzo Scotti come partecipi della trattativa) parlò di Alemi come di un giudice che si era messo «fuori dal circuito costituzionale», utilizzando-secondo lui- metodi non conformi a un magistrato.



Un’indagine difficilissima e osteggiata, svolta senza il sostegno dei vertici di allora della Procura, con un contributo assai limitato e spesso inquinato delle forze dell’ ordine, tra depistaggi, alcuni testimoni uccisi e altri morti in stranissime circostanze, altri ancora pressati affinché negassero pure l’ evidenza. E aveva temuto anche per la sua vita, come confesserà anni dopo. Ho un ricordo personale di quel periodo. Stavo scrivendo un libro sul caso e chiesi di intervistarlo. Alemi accettò ma mi diede accurate indicazioni affinché arrivassi all’appuntamento senza essere visto da occhi indiscreti: era sicuro di essere pedinato e controllato. In che Stato eravamo se un uomo delle istituzioni doveva temere per la sua vita da parte di altri uomini delle istituzioni? Alemi fu sottoposto ad un’inchiesta interna su sollecitazione del Ministro della giustizia Giuliano Vassalli, a un procedimento disciplinare da parte del Consiglio superiore della magistratura e querelato da Vincenzo Scotti. E riuscì a dimostrare le sue ragioni in tutti e tre i casi. Il caso Cirillo ha anche una sua importanza nella storia giudiziaria italiana, e in particolare nel rapporto tra apparati di sicurezza dello Stato e criminalità organizzata di tipo mafioso, perché è stato provato con sentenza definitiva che tra Servizi segreti e camorra di Raffaele Cutolo ci fu trattativa e accordo. Più volte e in diversi periodi storici si sono denunciate «trattative Stato-mafie», ma senza che mai si arrivasse ad una sentenza definitiva. Cominciò l’onorevole Diego Tajani nato a Cutro ma originario di Vietri sul Mare ed eletto nel collegio di Amalfi) in una seduta drammatica del parlamento italiano nel 1875, che si protrasse per ben tredici giorni, con un discorso memorabile, un atto di accusa contro il questore di Palermo, Giuseppe Albanese, che era solito combattere la delinquenza utilizzando i mafiosi come braccio armato della polizia. Degli spietati assassini venivano trasformati da nemici dello Stato in suoi diretti collaboratori.


Tajani (all’epoca dei fatti denunciati era Procuratore a Palermo) emise mandato di cattura contro il questore che si rese contumace e fu difeso a spada tratta dal capo del governo. Fu poi assolto e Tajani per protesta lasciò la magistratura. Tutta la storia è raccontata in un prezioso libro di Paolo Pezzino (Mafie e potere, edizioni Ets). In quella occasione, come in tantissime altre, non si riuscì a dimostrate giudiziariamente lo svolgimento di una trattativa tra «guardie e ladri». Il rapporto tra Servizi Segreti e mafie è sicuramente alla base della loro impunità e del loro successo storico. Ma molti di questi casi non sono arrivati a un verdetto netto e inequivocabile. Nel caso del sequestro di Ciro Cirillo, la trattativa non è una supposizione, ma una verità storica e giudiziaria ampiamente provata dai tribunali italiani.


Non si è trattato, dunque, di un semplice «tentativo» di accordo con forze extralegali, ma di certezze: furono dati soldi alle Brigate rosse e alla nuova camorra organizzata (da un miliardo e mezzo a tre miliardi di lire) con i quali esse acquistarono armi per nuovi attentati e assassinii, alcune imprese camorristiche ottennero appalti per la ricostruzione dopo il terremoto del 1980, a Cutolo venne riconosciuta la seminfermità mentale, fu concordato il mancato arresto di latitanti come Enzo Casillo e Corrado Iacolare (i luogotenenti di Cutolo che in quella vicenda furono protagonisti girando tranquillamente in Italia con i tesserini di copertura dei Servizi segreti), furono effettuati trasferimenti di favore di detenuti da un carcere all’altro.
Ciro Cirillo indubbiamente subì una violenza con il sequestro, assistette all’uccisione spietata di persone a lui legate, trascorse tre mesi di angoscia temendo per la sua vita in un covo appositamente allestito dalle Br. Le sue sofferenze e quelle della sua famiglia non vanno dimenticate. Ma non va dimenticato tutto il resto. Casi del genere potrebbero più ripetersi? La ragione ci dice di no. Ma troppe volte è stata smentita.
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