Gli errori, (tutti) i numeri ​e i troppi pregiudizi

di Titti Marrone
Giovedì 19 Novembre 2020, 00:00
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Da quando i virologi sono diventati star della scena mediatica, la possibilità di vederci chiaro sull’andamento della pandemia sembra complicarsi. E le stesse cifre in circolazione a proposito del virus - o dell’efficacia dei tre vaccini in arrivo – finiscono per disorientare invece di fare chiarezza.

Quando poi si tratta di addentrarsi nell’interpretazione di dati statistici, o di proiezioni sugli sviluppi plausibili dei contagi, nella comunicazione sul Covid-19 tendono a prevalere valutazioni condizionate da interessi di parte, o politici, o economici, o anche di un’emotività comprensibile, difficile da tenere sotto controllo e però fuorviante. Così è facile che una circostanza piuttosto clamorosa riferita al territorio campano passi inosservata, o negata, o non venga valutata come si dovrebbe. La circostanza è evidenziata da dati dell’Istituto superiore della Sanità elaborati dal nostro Ettore Mautone, ed è questa: la Campania ha l’indice di mortalità per Covid-19 più basso tra tutte le regioni italiane. Cioè dall’inizio di ottobre risulterebbe che qui muoiono meno persone che altrove, in media il 50% in meno. 

E tutto ciò, più evidente nella prima ondata, riemerge anche in questa terrorizzante seconda ondata, dannatamente evocatrice di un cerchio che sembra stringercisi attorno perché ognuno di noi, stavolta, ha persone cari, parenti e amici travolti dal virus.

Certo un simile dato, calcolato sia rispetto ai contagiati che alla popolazione residente, non va letto da solo, e tantomeno va scisso dall’altro, in crescita preoccupante, sul numero dei positivi, che invece colloca la Campania al secondo posto in Italia dopo la Lombardia. Soprattutto, la minore letalità del virus non deve fornire alcun pretesto per negare responsabilità ed errori che stanno caratterizzando l’ampiamente prevedibile sviluppo autunnale del virus.

Fin dall’inizio, e negli ultimi tempi in modo sempre più circostanziato, questo giornale ha del resto indicato le disastrose conseguenze di politiche sanitarie oggi incapaci di intervenire sul territorio per l’eclissi della medicina di base.

I riflettori sono stati accesi sul rischio della paralisi degli ospedali in generale e della carenza delle terapie intensive in particolare, sull’intasamento dei pronto soccorso, lo scandalo dei morti in attesa di ricovero e quello più eclatante del malato deceduto nel wc del Cardarelli, l’insufficienza nel numero di medici e infermieri disponibili, la difficoltà di reclutarne di nuovi. Ora riflettere sul fatto che la Campania abbia il più basso numero di morti non cancella certo le drammatiche difficoltà di una sanità messa a durissima prova, se non già al collasso, qui come in ogni altra parte del mondo travolto da un’inattesa catastrofe. Però è un dato da leggere e interpretare per orientarsi nel difficile controllo di una pandemia in cui di sicuro il numero delle persone decedute gioca un ruolo determinante per capire se, come e dove debba procedere il percorso terapeutico. E’ un dato che ci dice una cosa importante: con tutte le drammaticità della situazione campana, qualcosa qui sta funzionando e le cure ai malati risultano più efficaci che altrove. Ancora, una comunicazione efficace e corretta sul virus deve anche veicolare la comprensione che i decessi di oggi sono il frutto di contagi avvenuti dieci, quindici giorni fa, senza arroccarsi sulle comunicazioni del giorno per giorno.

C’è insomma un bisogno estremo di chiarezza interpretativa su cifre e dati, mettendo al bando ogni tentazione di manipolazione e macabre contabilità su chi ha più o meno morti. E senza usarli per sfide quotidiane tra regioni che sono, o dovrebbero, essere parte di un comune contesto di cittadinanza, da rinsaldare più che mai in un vincolo unico di fronte alla pandemia. 
 

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