Giancarlo Siani, le parole della verità nel libro in omaggio col Mattino

Giancarlo Siani, le parole della verità nel libro in omaggio col Mattino
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 23 Settembre 2020, 00:00 - Ultimo agg. 11:15
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La parentopoli comunale, con la truffa da un miliardo di lire sull’assistenza agli anziani e le assunzioni ai figli dei politici locali, le fabbriche chiuse, il progetto «zattera» per contrastare la tossicodipendenza, le scuole circondate da tappeti di siringhe, il sequestro della boutique dei Gionta in pieno centro, le case abusive, le riunioni della commissione edilizia che vengono rinviate decine di volte, tanto da spingere il pretore locale (che non passerà alla storia per la sua rapacità investigativa) ad aprire un fascicolo, una nonna pusher che manda a spacciare eroina il nipotino di soli 12 anni. C’è questo ed altro ancora sotto il cielo di Giancarlo Siani, in quei cinque anni di cronista de «Il Mattino», a sfogliare il libro Giornalista giornalista, oggi in edicola e in omaggio ai lettori del nostro quotidiano.
 

 

Trentatré pezzi, il primo pubblicato il 19 agosto del 1980 (due anni prima di ottenere il tesserino di giornalista pubblicista), con un reportage di un centinaio di righe su «I giovani e la città: parlano quelli del Vomero», per arrivare all’ultimo articolo pubblicato sul «Mattino», il 22 settembre del 1985, «Nonna manda il nipote a vendere l’eroina»: un giorno prima di essere ammazzato, Giancarlo Siani denunciava il caso dei «muschilli» non imputabili usati per spacciare eroina, in un’ottica nazionale, con riferimenti all’appello delle mamme dei Quartieri Spagnoli all’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. Non solo camorra, non solo pezzi di nera da parte del corrispondente del «Mattino», poi chiamato a lavorare in quell’estate del 1985 nella mitica redazione centrale di via Chiatamone. Ed è così che sotto il cielo di Giancarlo abitano dirigenti scolastici che segnalano le siringhe gettate dai tossici a pochi passi dall’ingresso, docenti che chiedono cosa fare di fronte a un alunno che ha le braccia bucate, i lavoratori delle aziende in crisi dell’area vesuviana, la rabbia di chi vive in campi e container nell’infinito dopo terremoto, ma anche gli studenti fuorisede che affittano stanze affollate in cui dormire, a due passi da Ingegneria, a patto di farsi la doccia solo una volta alla settimana. 
 
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Cinque anni, il meglio di una carriera spezzata a 26 anni dai killer del clan Nuvoletta, che trovano nel pezzo del 10 giugno del 1985 il pretesto per eliminare un giornalista scomodo nella «fortapash» dei Gionta. Oggi i lettori de «Il Mattino» troveranno nelle pagine iniziali del libro anche un appunto-testamento. È uno specchietto rinvenuto nell’archivio di Giancarlo dal fratello Paolo, in cui ci sono i nomi di chi l’ha ucciso. Sembra un paradosso, ma il «giornalista giornalista» aveva in un certo senso svelato da vivo il caso del suo omicidio: aveva appuntato in un foglio a penna l’incrocio di alleanze, gli incastri di famiglie vesuviane benedette dalla mafia corleonese. Per aver scritto che l’arresto di Valentino Gionta «potrebbe essere il prezzo pagato dagli stessi Nuvoletta per mettere fine alla guerra di un altro clan di Nuova famiglia, i Bardellino», Siani venne condannato a morte dal tribunale della mafia in terra campana. Trentacinque anni dopo rivivono oggi storie e volti raccontati da Giancarlo nei cinque anni di gavetta-praticantato, in attesa di quel tesserino da giornalista professionista che gli verrà consegnato oggi simbolicamente dall’Ordine dei giornalisti. 

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