Imbuto sentenze, liberi
dodicimila condannati

Imbuto sentenze, liberi dodicimila condannati
Martedì 7 Maggio 2019, 22:31 - Ultimo agg. 22:32
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Non è una grande novità, né una denuncia originale. Ma il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, la rispolvera: a Napoli, troppe condanne non eseguite con tempestività. Un allarme che, all’apertura dell’anno giudiziario a gennaio, aveva già lanciato il presidente della Corte d’appello napoletana, Giuseppe De Carolis.

LA DICHIARAZIONE
L’occasione è l’inaugurazione della nuova sede dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati a Milano. Si parla di mafie, ma il tema del giorno resta sempre l’allarme criminalità a Napoli dopo l’agguato che ha coinvolto la piccola Noemi. Il ministro Salvini mette insieme le due cose e, nel suo intervento, dice: «In giro per Napoli ci sono liberi oggi non alcune centinaia, ma parecchie migliaia di condannati in via definitiva che non sono in carcere ma a spasso. Non è un atto di accusa, ma un problema che dobbiamo risolvere».
Il ministro dell’Interno si accorge, dunque, della segnalazione che, quattro mesi fa, aveva fatto il presidente della Corte d’appello, De Carolis. Nella sua relazione, sono indicati i dati esatti degli ultimi tre anni. Dal 2016, negli uffici della Corte d’appello sono arrivate 12058 nuove sentenze definitive. Le condanne pendenti arretrate, messe in esecuzione nello stesso periodo, cono state 16584. Un lavoro possibile con sforzo e impegno straordinario del personale amministrativo degli uffici della Corte d’appello.

I NUMERI
Salvini riprende quei dati e dice: «Stiamo parlando di più di 10mila persone, probabilmente 12mila. Vuol dire che la prevenzione funziona, la repressione funziona, ma manca la fase finale». È un tappo bloccato nel tempo. Dopo la condanna definitiva in Cassazione, la sentenza arriva alla Corte d’appello che deve mettere in esecuzione la decisione. È una procedura delicata, con atto da preparare e inviare alla Procura generale che deve poi firmare il decreto di esecuzione. Da qui, poi, la detenzione dei condannati liberi, che naturalmente devono essere arrestati. Ha aggiunto Salvini, nel suo intervento a Milano: «Dopo la repressione, bisogna garantire la custodia di coloro che sono stati catturati. Sto raccogliendo elementi a conferma di un dato che, se fosse vero, sarebbe assolutamente eclatante».

A TORINO
Un problema, però, che non riguarda solo il distretto di corte d’appello di Napoli. I ritardi nell’esecuzione delle sentenze sono comuni in tutti i distretti d’Italia. Fece scalpore, poco più di un mese fa, a Torino il delitto di un condannato ancora libero, nonostante la sentenza che lo riguardava fosse dell’anno prima, ma non era stata ancora messa in esecuzione. A Napoli, la media di nuove sentenze in arrivo è di quattromila provvedimenti. Non si fa in tempo a mettere in esecuzione le decisioni arretrate che ne arrivano di nuove, in una realtà dove il personale amministrativo è poco e i concorsi sono fermi da quasi 30 anni. Come spiega il presidente della Corte d’appello napoletana, il provvedimento che comunica gli elementi della sentenza alla Procura generale ha bisogno della firma di un funzionario. Non basta un ausiliario, né un cancelliere. Per risolvere il problema degli arretrati, il presidente De Carolis ha istituito dalla fine del 2017 un ufficio esecuzione con task force volontaria e turni di straordinario. Ma non basta, senza un intervento del governo che risolva una difficoltà che mette in forse l’effettività della giustizia penale. Naturalmente, tra le sentenze non eseguite con imputati liberi, ci sono reati diversi: dalle truffe, ai furti, alle rapine. Meno reati gravi, per i quali gli imputati quasi sempre sono già detenuti. Ma il tema, e il problema, resta.

g.d.f.
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